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Close to home, testando la nuova Arc’Teryx Cerium SV Hoody Men’s

di - 26/01/2025

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L’obiettivo era testare il nuovo piumino Arc’Teryx Cerium SV Hoody Men’s, una giacca molto tecnica e performante per l’alpinismo invernale. La testa inizia a lavorare: con chi, dove, quando? Poi il progetto prende forma.

La risorsa tempo è sempre più preziosa e riuscire ad incastrare passioni e lavoro è sempre più difficile. Vie alpinistiche negli anni ne ho portate a termine ma quest’attività è sempre stata subordinata a dover fare parecchi chilometri, passare almeno una notte in rifugio e talvolta prendere un impianto di risalita.

Certo, Milano non è certo un villaggio alpino, ma possibile che a due passi dalla città non si possa realizzare un piccolo progetto alpinistico?

Foto: Marco Melloni

Instagram suggerisce la location

Poi un giorno swippando Instagram mi capita un post di Paolo Marazzi: amico, Guida Alpina e Ragno di Lecco. Nelle foto sta portando dei clienti su una via sopra i Piani di Bobbio e, accidenti sembra davvero figo.
Passa un inverno ma non trovo l’occasione per contattarlo, poi inaspettatamente arriva la possibilità di testare una giacca Arc’Teryx, la nuova Cerium SV Hoody, il pumino top di gamma del brand canadese.

Foto: Paolo Marazzi

I pianeti si allineano, la giacca arriva, nel lecchese ha nevicato, Paolo Marazzi è libero e inoltre è un atleta sponsorizzato Arc’Teryx. Un paio di telefonate per accordarci e si parte.

Foto: Paolo Marazzi

E’ una fredda mattina invernale, di quelle che ti ritrovi con l’auto completamente ghiacciata, ma vedendo arrivare Paolo in bicicletta sotto casa mia, con la frontale accesa, già mi si scalda l’anima.

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Ciak, azione

Arriviamo Barzio che non ha albeggiato da molto ma il parcheggio, nonostante siamo nel mezzo della settimana, è già piuttosto pieno. In funivia rifiniamo il setup degli zaini e appena arrivati cominciamo a camminare cercando di non intralciare gli sciatori sulle piste.

Foto: Marco Melloni

Ero già stato tre volte ai Piani di Bobbio, una d’estate e due d’inverno ma mai per sciare, e ogni volta mi stupisce. In poco più di un’ora da Milano arrivi su un altro pianeta, è montagna vera, con pareti suggestive che ricordano assolutamente le dolomiti e c’è questo anfiteatro di cime formato dal Barbesino 2.152 m, lo Zucco Campelli 2.159 m, lo Zucco Pesciola 2.094 m e altri satelliti, che formano una irresistibile corona attorno all’ombroso Vallone dei Camosci.

Foto: Paolo Marazzi

Ci dirigiamo in quella direzione, incontrando solo un’alpinista donna, che riconosciuto Paolo si premura di tenerla d’occhio, dato che è sola. Il terreno si fa più ripido e tenendoci sulla destra della valle facciamo sosta al bivio (segnalato) dove partono il Canale dei Camosci a sinistra (da cui saliremo) e quello della Madonnina a destra.

Indossiamo gli imbraghi, il casco, i ramponi e brandiamo le piccozze. Paolo mi farà sicura in conserva, io cercherò di non rallentare troppo il passo. Fortunatamente il canale è già tracciato, la neve è abbastanza compatta e con una fatica accettabile seguo la mia Guida lungo il sinuoso budello.

Facciamo sosta un paio di volte, e Paolo mi dà qualche suggerimento mentre ammiro il vallone sottostante sempre più lontano. Mi racconta che d’estate qui ci sono un sacco di vie d’arrampicata di vario grado, oltre ad una ferrata, e immaginando come possa essere mi sale subito la voglia di tornarci anche in quella stagione.

Foto: Paolo Marazzi

Dall’oscurità alla luce

Facciamo gli ultimi metri nel canale poi assisto allo spettacolo dei raggi del sole che ci inondano di luce dalla cresta. Che spettacolo, arrivare su una cima è sempre una gioia per il cuore e la fatica viene subito ripagata.

C’è un po’ di vento, chiudo la cerniera sul collo e alzo il cappuccio sopra il casco, poi il mio sguardo spazia sulle altre cime circostanti, sui piccoli sciatori 500 m sotto di noi, sulla Valsassina e fino a Milano. La cresta verso la Madonnina non è troppo affilata ma costringe comunque a fare attenzione a dove si mettono i piedi, qualche insidia potrebbe celarsi sotto il manto nevoso.

Dove il percorso comincia a scendere troviamo le catene della ferrata, Paolo mi fa sicura da sopra, aiutandosi con delle roccette e io comincio a calarmi per poi attendere il suo arrivo. Alla cima della Madonnina incontriamo e salutiamo un altro alpinista, che sta percorrendo la via in senso inverso.

Noi svoltiamo verso destra imboccando il canale della Madonnina e scendiamo nell’ombra fino al bivio da dove eravamo partiti. Dopo 3 ore dalla partenza siamo di ritorno ai Piani di Bobbio e dato l’orario ci concediamo un piatto al Rifugio Lecco.

Uno degli ultimi problemi delle Alpi è stato risolto. Ecco chi cucina le migliori crespelle sopra i 1.000 m.

Foto: Paolo Marazzi

Il percorso alpinistico è stato tracciato con Wikiloc: ripercorrilo

Diplomato in Arti Grafiche, Laureato in Architettura con specializzazione in Design al Politecnico di Milano, un Master in Digital Marketing. Giornalista dal 2005 è direttore di 4Actionmedia dal 2015. Grande appassionato di sport e attività Outdoor, ha all'attivo alcune discese di sci ripido (50°) sul Monte Bianco e Monte Rosa, mezze maratone, alcune vie di alpinismo sulle alpi e surf in Indonesia.