Pubblicità

2001: Odissea nel mountain biking

di - 17/05/2024

storie in sella - 2001 odissea nel mountain biking - rocky mountain slayer ss my10

Ho fatto un viaggio a ritroso nel tempo di recente, rivisitando un luogo in cui andavo a pedalare quando ero agli inizi della mia avventura nel mountain biking

All’epoca il mondo delle due ruote artigliate a pedali era un territorio vasto, ma oscuro. Avevo pedalato in pochi posti e non avevo molti amici, e nemmeno chilometri nelle gambe. Era tutto nuovo e ogni uscita in bicicletta era al tempo stesso una sfida e un piacere. A ogni gita imparavo nuovi sentieri e nuovi trucchi, mentre iniziavo a colmare le lacune nella mia personale conoscenza dei percorsi locali. Ed era fantastico. Lo è ancora, in effetti.

Rivisitando questo vecchio tracciato, con i suoi ostacoli e le sue curve che un tempo mi divertivano e mi terrorizzavano, non mi ha sorpreso scoprire che ero in grado di percorrerlo a velocità elevata e in tutta tranquillità, dato che la mia bicicletta biammortizzata, con la sua geometria “progressiva” e le sue sospensioni “burrose”, assorbiva le sconnessioni del sentiero prima di fermarsi con grazia grazie ai miei potenti e consistenti freni a disco. Mi ha fatto pensare che non percorrevo quel trail da quando le bici sono diventate davvero performanti, da qualche decennio a questa parte.

Le biciclette sono fantastiche al giorno d’oggi. Su questo siamo tutti d’accordo. Ogni anno porta un miglioramento incrementale rispetto ai modelli dell’anno precedente, anche se questi incrementi si assottigliano di volta in volta. I primi anni del “selvaggio west” della mountain bike consegnavano enormi sviluppi con ogni nuovo modello, mentre gli ingegneri lavoravano su importanti aggiornamenti strutturali, e i responsabili dei prodotti e i tester si impegnavano per migliorare geometria ed ergonomia per i ciclisti.

Tuttavia, c’è stato un momento in cui le biciclette sono diventate belle ed efficienti. Non migliori, perché questo accadeva ogni anno, ma a un certo punto sono diventate sempre più affidabili, sfruttabili e adatte a qualsiasi tipo di utilizzo.

storie in sella - 2001 odissea nel mountain biking - specialized stumpjumper 25th anniversary
Specialized Stumpjumper Classic, una riproduzione dell’originale Stumpjumper per celebrare il 25° anniversario di questo storico e iconico modello nato ormai un’era geologica fa, nel lontano 1981

Penso che si tratti di un punto finito nel tempo, prima del quale la maggior parte delle mountain bike si aggrappava ancora alle proprie radici un po’ raffazzonate e le uscite in bici non erano realmente concluse fino a quando qualcosa non era andato storto con il mezzo di un amico. Tutti dovevano unire le proprie risorse di attrezzi e ricambi per ripararla, altrimenti la vittima avrebbe cominciato una lunga camminata verso casa.

E poi, dopo questo specifico momento fittizio, le uscite in bicicletta riguardavano più il luogo in cui si pedalava e la distanza/velocità percorsa, che la strada fatta prima che la bici dell’amico di turno si rompesse di nuovo.

Ovviamente questo succede ancora, e tutti conosciamo biker che riescono ad arrivare solo a metà di un giro prima che qualcosa imploda sulla loro bici, ma di solito ciò non è dovuto alla mancanza di telai e componenti decenti.

È stato l’inizio degli anni ’90? No, non credo. C’erano ancora freni inaffidabili, pneumatici a rischio di foratura, geometrie stravaganti e quanto ereditato dal mondo delle bici de strada.

storie in sella - 2001 odissea nel mountain biking - paola pezzo atlanta 1996
Paola Pezzo e la sua Gary Fisher Supercaliber in gara alle Olimpiadi di Atlanta 1996 – foto: Malcolm Fearon

Che ne dite di un quinquennio dopo? Per la precisione il 1996, l’anno del primo oro olimpico di Paola Pezzo? Avevamo già un vasto assortimento di idee su cosa fosse una bicicletta perfetta, ma la maggior parte di esse non ha superato la prova del tempo. Ruote a disco Tioga e forcelle Judy, per esempio? Anche la fine degli anni ’90 e la nascita delle gare di 24 ore non portarono alla perfezione, con la maggior parte delle bici ancora dotate di V-brake, cockpit con attacchi lunghi e manubri dritti e corti, e gomme discutibili. E delle 29 non si sentiva nemmeno parlare.

Forse dovremmo fare un salto in avanti fino a un anno più vicino come, ad esempio, il 2010? Avevamo modelli fighi come Scott Genius, Specialized Epic, Trek Fuel EX, ad esempio: tutte buone bici, ma non erano propriamente nuove, quindi dobbiamo tornare indietro nel tempo.

2001. Ecco quando ritengo che il punto di svolta sia stato raggiunto. Ed è anche l’anno in cui – guarda caso! – ho iniziato a fare sul serio col mountain biking, dopo anni di pedalate su strada, granfondo comprese.

storie in sella - 2001 odissea nel mountain biking - rocky mountain slayer
Rocky Mountain Slayer 2001, all’epoca una bici da Freeride… ora fa impressione solo guardarla

All’inizio degli anni duemila hanno esordito bici innovative come Rocky Mountain Slayer ma anche la forcella Fox Float. Una sorta di balzo in avanti nel tempo. Sono anche gli anni dei primi sistemi seri per lo standard Tubeless UST, grazie all’impegno di Mavic e di marchi partner come Hutchinson, Michelin e Schwalbe. Senza dimenticare il kit di conversione nastro+sigillante di Stan’s che ha fatto scuola, e il mitico reggisella telescopico Gravity Dropper.

Ma non solo, le bici hanno iniziato a essere dotate di freni a disco di serie, e la maggior parte di noi – almeno quelli che c’erano all’epoca – sa cosa vuole dai propri giocattoli e può contare sul fatto che rimangano integri.

Avevamo bici iconiche come Klein Attitude, la prima Specialized Enduro, i capolavori ingegneristici e stilistici di Mountain Cycle e Foes, e le superbe full suspended a singolo punto d’infulcro Orange.

storie in sella - 2001 odissea nel mountain biking - foes xct 2:1
Foes XCT 2:1, capolavoro di design di metà anni 2000

Le cose iniziavano a diversificarsi ma anche e soprattutto a migliorare. Anche se c’erano ancora alcune bici stravaganti, in generale si poteva salire su qualsiasi mountain bike e sapere che si sarebbe arrivati – più o meno indenni – alla fine del percorso.

Ci sarebbe voluto ancora un po’ di tempo prima di cavalcare le robuste macchine a prova di bomba che abbiamo oggi, ma fu sicuramente un punto di svolta e da allora le cose sono andate sempre meglio.

Qui trovate le nostre altre Storie in Sella

[foto apertura: Rocky Mountain Slayer SS MY10 fotografata nel Golfo Dianese]

Cristiano Guarco - 4bicycle - portrait 211127

Ciao a tutti, sono Cristiano Guarco, appassionato da una vita di mountain bike ma anche del movimento ciclistico in ogni sua forma. Da circa 20 anni ho fatto della mia passione la mia professione, una grande fortuna raccontare questo mondo, per parole e immagini, che tanto mi ha insegnato e continua a insegnare ma anche ispirare.