Siamo passati dai reggisella in acciaio e/o in alluminio a quelli in carbonio, attraversando l’epoca di quelli con un diametro “normale”, passando per l’era di quelli con diametro da 31,6 mm (che sembravano delle melanzane! Però erano parecchio fighi, grossi e muscolosi e davano quel senso di “maleducazione e di cinghialismo”).

Ci siamo ritrovati nell’epoca dove “se non avevi il seat-post integrato era meglio stare a casa”. Ci siamo infilati nel pertugio dei reggisella “piccoli”, con diametri da 27,2 millimetri (qualche marchio ha proposto soluzioni da 25,4 mm di diametro, che Rocco Siffredi si faceva due risate, facciamoci una risata!), fino ad oggi, momento in cui il componente “reggisella” è una sorta di naturale prolungamento della tubazione orizzontale, in termini di design e abbinamento estetico. Ma quindi, qual’é il seat-post ideale?

Il reggisella in base al DNA della bici
Al di là degli standard e di un componente che prima di tutto si deve adeguare ad alcune caratteristiche della bici, tecnicamente il reggisella dovrebbe rispecchiare il carattere della bicicletta e assecondare alcune sue caratteristiche in fatto di resa tecnica.

Concettualmente
- In termini di performances, una bicicletta gravel e una endurance giustificano l’impiego di un seat-post che flette, oppure che evidenzia una certa elasticità con l’obiettivo di aumentare il potere dissipante e agevolare il controllo del mezzo quando si pedala su un tratto sconnesso.
- Le biciclette aero hanno il reggisella che sembra un prolungamento del piantone (più o meno). In questo caso, l’obiettivo principale del seat-post (che è esposto allo spazio frontale) è quello di fendere il più possibile l’aria. I componenti con questo shape sono parecchio rigidi. Nessuna flessione, capacità di smorzamento pari a zero ed efficienza allo stato puro. Il comfort qui non è contemplato, o lo è poco, fattore marginale che deve arrivare da altre parti della bici. Quando si acquista una bici aerodinamica per la prima volta nella vita e vi fanno male le chiappe, uno dei motivi è anche questo.

- Le bici da salita e quelle superlggere. Sono due categorie che vanno a braccetto e al netto di alcuni marchi che adottano soluzioni proprie (anche da parecchie stagioni e in modo continuativo), con il passare dei lustri sono quelle che hanno “subito” maggiormente “l’incuria” delle mode. Anche in questo caso però, l’aerodinamica ci ha messo lo zampino e i reggisella troppo elastici sono stati abbandonati (onestamente, vi scriviamo che è meglio così).
- Una considerazione: abbiamo abbandonato (per le bici “classiche”) con un’eccessiva fretta i seat-post in alluminio e non di rado ci siamo ritrovati con biciclette fighissime, leggerissime, con reggisella di pochi grammi di peso, ma che flettevano e sventolavano come le bandiere dei campanili. A volte, basta poco e/o sarebbe bastato poco e un reggisella in lega avrebbe risolto parecchi problemi di “eccessivo comfort”.

L’umano torna sempre nella sua posizione
Chi ha provato diverse tipologie di bicicletta, attraversando anche i vari periodi dell’evoluzione-al netto di un corretto posizionamento in sella-si è accorto che, nonostante il concept del reggisella, la tendenza era/è quella di cercare lo stesso punto per elargire lo sforzo. Qui torniamo ad un approfondimento che abbiamo pubblicato in precedenza. Ovvero; la tecnologia, attraverso le sue varie forme e soluzioni ha anche il compito di diminuire le variabili in gioco e potendolo fare in modo limitato con l’atleta, lo fa con il mezzo meccanico, strumento statico e plasmabile, creando un design funzionale alle prestazione.
A cura della redazione tecnica, immagini della redazione tecnica e Sara Carena.