Quando circa un mese fa sono stato invitato da Nike Italia per il lancio in anteprima delle nuove Nike Free RN Flyknit, ho notato, parlando con altri giornalisti presenti, di un certo timore, misto a dubbio, verso un prodotto che, in base alle normali divisioni di categorie come A1, A2, A3 ecc. non poteva assolutamente trovare una collocazione. Ma da qui a poter dire che Nike Free RN Flyknit non è una scarpa per correre ci passa parecchia strada, anzi i chilometri necessari per potersi rendere conto che, una volta calzata, la Free RN Flyknit si rivela molto più di quello che sembra realmente.

Il concetto di Free, sviluppato da Nike dai primi anni del 2000, ha sempre cercato di portare la corsa verso qualcosa di nuovo, legato non certo a supporto e ammonizzazione, ma a minimalismo. Le Free sono scarpe minimali e vanno esattamente interpretate in questo modo, ovvero supporto ridotto con la finalità di dare al piede la massima possibilità di movimento, per ritrovare una corsa più naturale. Ovvio che, se abituati a scarpe tradizionali, compriamo le Free e ci mettiamo a correre e macinare chilometri come matti, con buona probabilità dopo poche sedute avremo male a ginocchia, legamenti e tendini! Per questo il concetto di Free nella corsa, e questo discorso vale per Nike, come per tutte le altre aziende legate a questo settore, va approcciato a piccole dosi. Come suggerito dai trainer di Nike, ricevuto il mio paio di scarpe ho iniziato ad usarle con moderazione, 1-2 sedute alla settimana, a cui ho alternato le Diadora 4100 Bright. Con Nike ho cercato di lavorare su sedute medio-corte, senza mai superare l’ora di utilizzo, cerando non la performance cronometrica, la distanza o la velocità, ma il feeling del piede con il terreno. Nelle prime uscite ho preferito l’asfalto che mi ha garantito un appoggio più sicuro, per poi passare al prato o strada bianca, anche se l’appoggio su asfalto si è dimostrato decisamente il più congeniale alla mia scarsa abilità nell’utilizzare correttamente l’appoggio del piede, sfruttando meglio le capacità propriocettive dell’avampiede. Prerogativa questa che mi è stata invece facilitata su asfalto in piano. Nelle curve e nei cambi di direzione su asfalto all’inizio sembrava quasi che il piede dovesse saltare fuori dalle scarpe da un momento all’altro! Poi il feeling è decisamente migliorato, riducendo quel tipo di instabilità nell’appoggio a cui non ero semplicemente abituato.

La scarpa che utilizzo abitualmente, la Diadora 4100 Bright è infatti una scarpa ben strutturata, classificata come A3 neutra e quindi mi garantisce sensazioni decisamente diverse… Ho detto DIVERSE e NON PEGGIORI!!! Per questa ragione oggi utilizzo la Nike Free RN Flyknit per lavori di tecnica di corsa in cui riesco in modo incredibilmente più fluido ad utilizzare soprattutto l’avampiede. Soleo e gastrocnemio sono certamente più sollecitati e la tecnica di corsa ne guadagna. Ho infatti notato un minor affaticamento di quadricipite e vasto mediale, il che mi fa supporre che utilizzando tutti, ma dico tutti, i muscoli della gamba, io riesca a distribuire meglio il carico di lavoro e gestire meglio la forza in fase di spinta. L’impressione è che anche a livello biomeccanico se ne traggano dei vantaggi, ma visto che sto parlando di impressioni di guida personali, preferirei lasciare questa parte ad un biomeccanico vero con tanto di diploma o laurea idonea!


Nel frattempo, quello che posso suggerire è di pensare alle varie linee natural di calzature da running, per esempio Free di Nike, 33 di Asics o Pure di Brooks, con più disponibilità al cambiamento ed una maggiore curiosità verso un prodotto che non è solo legato a fenomeni “modaioli”, ma che trae origini da studi approfonditi da parte di esperti del settore, in collaborazione con team di runner professionisti e che quindi va valutato con attenzione e non certo demonizzato!