Home

Seguici su:

L’avventura esiste ancora. Dall’Austria alla Cina in bicicletta

di - 19/12/2024

dario crippa ortovox austria cina bicicletta
Ascolta l'articolo

In alcuni a volte scatta qualcosa, una voglia di conoscenza, di esplorazione. Qualcosa che non viene frenata dalla razionalità, dall’ansia e da tutti i limiti che la nostra vita ci impone. È successo a Dario, che sicuramente ha meno limiti di tanti di noi, e un giorno ha messo in standby i suoi impegni, ha comprato una bicicletta di seconda mano ed è partito per la Cina.

Racconto di 5 mesi e mezzo di viaggio

Ciao Dario, inizierei dal principio. Per decidere di partire in bicicletta per la Cina, che tipo di esperienze cicloturistiche pregresse avevi maturato?

Potrei dire che non avevo nessuna esperienza pregressa, a meno che andare da Bergamo a Lecco in bicicletta, all’epoca in cui ero negli scout, possa essere considerato tale. Quindi più che altro ho improvvisato, a partire dall’allestimento della bicicletta e da come organizzare i bagagli.

Mi sono dovuto documentare parecchio, chiedendo a conoscenti che avevano esperienze di viaggio in bici e soprattutto guardando video su YouTube.

Come ti è venuta l’idea di un viaggio del genere, qualcosa nella tua vita ti ha ispirato?

Sono uno studente di neuroscienze e sto facendo un master ad Amsterdam. Nei primi mesi in cui ero lì mio fratello mi regalò un libro che parla della storia dell’Asia Centrale e del colonialismo di Russia e Gran Bretagna in quei luoghi.

Nacque un grande interesse da parte mia, e con esso il desiderio di visitare Tajikistan, Kazakistan, Uzbekistan, Iran e Afghanistan. Parallelamente mi capitò di vedere video di lunghi viaggi in bici e, unendo questi puntini, l’idea del viaggio cominciò a prendere forma.

Mi intrigava la possibilità di conoscere quei luoghi; pensavo che farlo in bicicletta fosse il modo migliore. Un viaggio lento, immersivo, esplorativo, dei luoghi e delle culture locali.

Fra dicembre 2023 e lo scorso marzo organizzai il tutto, acquistai una bicicletta gravel usata, una Giant Toughroad e le borse per caricarla.

dario crippa ortovox austria cina bicicletta

Per l’abbigliamento come ti sei organizzato, per un viaggio del genere avrai avuto bisogno di un sacco di roba?

Teoricamente sì ma nella pratica no, sarebbe stato impossibile portarmi dietro tanti vestiti per condizioni climatiche diverse.

Grazie a Ortovox ho avuto la possibilità di organizzarmi con poco materiale ma molto versatile. 3 magliette in lana Merino, una giacca antivento e antipioggia, un paio di midlayer termici. Tutte cose che si possono lavare a asciugare in fretta.

Il peso totale della bici, compreso l’abbigliamento, il cibo e l’acqua si aggirava attorno ai 25/30 kg. Viaggiare con più carico sarebbe stato impossibile.

Raccontami della pianificazione, c’è stata o hai improvvisato?

C’è stata ma a grandi linee. Volevo partire da Amsterdam e connettermi alla ciclabile del Danubio, percorrerla fino al Mar Nero e proseguire lungo la Turchia, poi avrei improvvisato.

Sapevo che ci sarebbero stati Paesi più difficili da attraversare o di difficile accesso: una volta sul posto avrei deciso come proseguire.

dario crippa ortovox austria cina bicicletta

Poi un certo giorno sei partito, e quanto sei stato via?

Sono partito, e mi sono subito fermato. Sono partito il primo di marzo da Amsterdam ma sono caduto rompendomi il polso.

A quel punto, avendo finito gli esami in università e lasciato il lavoro e la casa, tornai a Bergamo dai miei genitori, e da lì in bus, il giorno di Pasqua andai a Vienna, da dove il viaggio sarebbe finalmente partito.

Ad accompagnarmi in questa prima parte è venuto un amico. Aveva perso il lavoro e aveva del tempo libero. Il viaggio è durato cinque mesi e mezzo.

Quindi da Vienna hai seguito il Danubio. Come ti orientavi, avevi un GPS, delle cartine cos’altro?

Sì, da Vienna il mio viaggio è passato per Bratislava, Budapest, Belgrado, poi ha attraversato la Serbia e la Bulgaria. Avevo un GPS Garmin, ma senza una traccia caricata da seguire.

Decidevo il percorso sul momento e il mio unico mantra era viaggiare verso Est.

Dalla Bulgaria sono andato a Istanbul, in Turchia, dove sono rimasto un mese.

In quel periodo l’Atalanta (la squadra che tifo) giocava in Europa League e io guardavo le partite dove mi trovavo di volta in volta. Il 3 a 0 di Liverpool lo vidi a Belgrado, altre partite le guardavo sul telefono mentre mi trovavo nelle grotte della Cappadocia. Al confine con Siria vidi che i voli per Dublino costavano davvero poco, così presi un bus per l’Anatolia e da lì volai in Irlanda per andare a vedere la finale di UEFA con il Bayern (3 a 0 per l’Atalanta, n.d.r.).

dario crippa ortovox austria cina bicicletta

Dalla Turchia all’Irlanda e ritorno, ma come ti organizzavi in generale per alloggiare?

Con me avevo una tenda, ma quasi sempre sono stato ospitato a casa di qualcuno.

Come trovavi ospitalità?

Attraverso la app Couchsurfing, che consente di trovare ospitalità locale o compagni di viaggio, filtrando per affinità e interessi comuni, un po’ come fanno tutti i social network.

Mentre ero a Dublino sono stato ospitato da dei ragazzi molto simpatici, che mi parlavano dell’indipendenza dell’Irlanda, e successivamente ho conosciuto un ragazzo che lavora per Meta ma è originario del Kurdistan iracheno.

Lui mi ha fornito importanti indicazioni per attraversare l’Iraq, dicendomi dove andare e cosa vedere di interessante a livello “turistico”, anche se al momento un’offerta turistica in Iraq non esiste.

Da Dublino quindi volai di nuovo in Turchia, e ripresi la bici deciso ad andare in Iraq.

dario crippa ortovox austria cina bicicletta

Che mese era ormai?

A quel punto era giugno, e il caldo in Iraq era terribile.

Pedalare con 40° C è davvero dura, così decisi di restare a ridosso delle montagne piuttosto che nel deserto.

Il problema è che il confine fra Iraq e Turchia è geopoliticamente molto complicato e mi sono ritrovato con le bombe dei Turchi, dirette verso i Curdi, che esplodevano poco lontano.

Cosa hai fatto a quel punto?

Sono rimasto in Iraq solo una settimana, per poi entrare in Iran, dove mi sono fermato 36 giorni.

L’Iran, al contrario dell’Iraq, era nei miei programmi fin dall’inizio, sebbene molti conoscenti che vi erano stati mi avessero sconsigliato, anche alla luce del recente incidente in elicottero costato la vita al Presidente.

Contrariamente agli avvertimenti ricevuti, fin dal primo giorno in cui ho messo piede in quel Paese mi sono sentito “sicuro”. L’Iran è molto presidiato e controllato e il popolo è molto accogliente. In 36 giorni di permanenza non ho mai dormito in tenda o in hotel, ma sono sempre stato ospitato dagli abitanti, prova tangibile che la cultura mediorientale dell’accoglienza è davvero incredibile.

Già il giorno del mio arrivo nel primo villaggio, dopo aver attraversato il confine, sono stato ospitato da un ciclista a cui avevo chiesto dove avrei potuto montare la tenda per la notte.

Mi invitò nella sua casa e mangiammo seduti su un tappeto steso nella stradina secondaria di fronte a casa.

dario crippa ortovox austria cina bicicletta

Si è parlato tanto della condizione delle donne in Iran e delle battaglie per i diritti civili, hai avuto modo di capire cosa pensa la popolazione del regime teocratico cui sottostà?

Le persone in Iran mi sono sembrate molto simili agli italiani o agli europei. Ci sono diversi livelli di apertura mentale ma in generale vogliono essere più liberi di quanto siano.

Tutto ciò che è illegale si può comunque trovare (vedi l’alcol) e anche le leggi e le regole vengono aggirate. I tatuaggi sono considerati peccato e sono fortemente scoraggiati dal regime, ma io stesso sono stato tatuato da una ragazza sedicenne.

Le leggi obbligano le donne a indossare il velo, ma per protesta le ragazze e le donne tengono il velo sulle spalle e si coprono il capo solo in vista delle forze dell’ordine.

Hai viaggiato attraverso tanti Paesi e ognuno di essi avrà di sicuro le sue specificità, ma ti sei fatto un’idea di come vedono noi occidentali? Alcune di queste popolazioni sono oppresse da un regime e tentano di ribellarsi, ma magari non ambiscono a un modello occidentale.

Certo, è impossibile generalizzare. Posso dire che gli Italiani sono piuttosto amati e benvoluti, per esempio in Iran, molto meno apprezzati sono gli americani e in generale gli stati con una storia colonialista. Gli Afgani sono critici nei confronti degli USA, in dieci anni – mi hanno detto – non hanno realizzato nessuna infrastruttura, anzi hanno depredato le miniere d’oro.

dario crippa ortovox austria cina bicicletta

Dall’Iran hai proseguito per il Pakistan?

No, sono andato in Afganistan. In realtà la mia intenzione originaria era di entrare in Turkmenistan dopo l’Iran per restare fedele al piano di vitare l’Asia Centrale, ma ho poi ho scoperto che il Turkmenistan è uno dei Paesi più chiusi ai turisti e agli stranieri in generale: il visto di ingresso non può essere richiesto in maniera autonoma, occorre affidarsi ad agenzie e successivamente farsi accompagnare 24 ore su 24 dalle guide. Da qui un importante aumento dei costi e l’impossibilità di viaggiare in bici.

A quel punto, sconsigliato dagli iraniani dall’andare in Pakistan perché ritenuto troppo estremo (dal punto di vista della cultura religiosa), ho scoperto che a Teheran era possibile ottenere il visto per l’Afganistan in un giorno.

E senti, c’è stata qualche incognita che avresti fatto meglio a considerare prima della partenza?

Beh, almeno da un punto di vista sportivo sì. Non avere esperienza di viaggi in bicicletta mi ha creato qualche disagio. Già se avessi provato in precedenza il setup utilizzato, anche per soli 3 o 4 giorni di viaggio, mi sarei reso conto dei problemi che avrei potuto avere.

Uno di questi per esempio ha riguardato l’uso di scarpe da ciclismo (le scarpe con le tacchette che si bloccano sui pedali). Il non averle mai utilizzate mi ha creato problemi al ginocchio e costretto, a un certo punto del viaggio (in Turchia), a cambiare i pedali con dei pedali normali e a utilizzare scarpe sportive.

Mi sento quindi di poter affermare che, a parte l’inesperienza ciclistica, non ci sono state incognite che mi hanno messo a dura prova.

Al mio ritorno in Olanda, un anziano mi chiese cosa avessi imparato da questo viaggio. Lì per lì non seppi cosa rispondere, ma dopo poco tornai sui miei passi, affermando che il viaggio mi ha insegnato che, se si ha un buono spirito di adattamento, sia dal punto di vista fisico che culturale, ogni incognita si può risolvere.

dario crippa ortovox austria cina bicicletta

Durante il viaggio non sei stato sempre solo. Nella prima parte, come dicevamo, sei stato accompagnato da un amico.

Quali sono stati i lati positivi e/o negativi dell’essere da solo o in compagnia?

Diciamo che la fortuna è stata quella di essere accompagnato, quando lo sono stato, da persone con cui ho affinità.

Nel primo tratto l’aggregazione del mio amico è stata improvvisa; mi ha accompagnato per tutti i Balcani, poi non avendo il passaporto mi ha dovuto lasciare una volta arrivati in Bulgaria.

In Turchia invece sono stato raggiunto dalla mia ragazza olandese, che mi ha accompagnato per circa 3 settimane, e un altro amico ancora si è aggiunto per qualche giorno in Tagikistan dove, pedalando su strade sterrate a 4.000 m, avere accanto qualcuno è stato prezioso ed energizzante.

Pedalare tutto il giorno per settimane, escluse le domeniche, certamente mette alla prova, quindi sicuramente poter condividere con qualcuno la quotidianità rende il viaggio meno noioso. D’altro canto la solitudine è meditativa e consente di conoscere meglio se stessi. Tuttavia non mi sono mai sentito davvero solo, almeno nei primi 100 giorni di viaggio; diverso è stato in Afganistan, dove la situazione politico/culturale è un po’ più pesante.

Le persone lì non sono sicure di potersi approcciare agli stranieri, e avere un compagno con me sarebbe stato meglio.

Viaggiare su una bicicletta in questi Paesi dà la possibilità di conoscere quotidianamente un sacco di persone con cui avere uno scambio continuo e l’essere soli avvicina automaticamente a chi si incontra, mentre già in coppia si viene percepiti come gruppo.

La bicicletta, come mezzo di trasporto, mette curiosità da parte degli altri e li predispone al dialogo. Non sarebbe stata sicuramente la stessa cosa viaggiando in treno o in bus.

Ti sei mai sentito in pericolo, per esempio in Afganistan?

Anche in Afganistan, nonostante le difficoltà, sono stato sempre ospitato in casa, ma almeno in un caso sono stato messo in guardia da chi mi ospitava dal mantenere un basso profilo quando ero in giro o rincasavo.

Il Paese è presidiato dalla polizia ma non è in uniforme, i talebani sono posizionati agli incroci delle strade, abbigliati con la tunica e hanno un Kalasnikov a tracolla.

In Afganistan la popolazione non viaggia e quasi nessuno è uscito dalla propria città, per cui è molto difficile reperire informazioni di viaggio.

A Kabul, mentre mi stavo spostando in bicicletta da una casa all’altra, sono stato fermato a un posto di blocco e invitato a seguire gli agenti in un ufficio, ricavato da un container americano.

Lì hanno indagato con una serie di domande per capire se fossi o meno una spia, e devo dire che è stato stressante e mi ha creato insicurezza.

Questa esperienza mi aveva fatto dubitare se continuare o meno il viaggio in bici attraverso l’Afganistan, piuttosto che optare per un bus, ma poi mi sono deciso a proseguire con i miei mezzi e dopo una settimana, superando una montagna da 3.000 m, sono arrivato in Tagikistan.

dario crippa ortovox austria cina bicicletta

Come comunicavi con i tuoi affetti a casa?

Comunicavo con un normale telefono cellulare e delle SIM locali che mi consentivano di collegarmi a internet.

In un’occasione, proprio in Afganistan, a seguito di un’interruzione di più giorni di internet, sono rimasto isolato per 6 giorni, destando estrema preoccupazione nei miei familiari, quasi decisi a chiamare la Farnesina.

Mentre per alimentarti, come ti organizzavi?

Con me avevo una tenda monoposto, una bombola del gas e una gavetta, attrezzatura che ho utilizzato parecchio nei Balcani, un po’ in Turchia e successivamente sulle montagne del Tagikistan. In Iraq, Iran e Afganistan il cibo costa talmente poco che non avevo bisogno di cucinarmelo.

Diciamo che i noodles, in Tagiskistan, sono stati la mia alimentazione per un buon quindici giorni.

dario crippa ortovox austria cina bicicletta

Tra i luoghi selvaggi cosa ti ha colpito di più?

Direi il Tagikistan, l’altopiano del Pamir, nella zona del Bartang: non è abitato e per cinque giorni mi sono ritrovato in un luogo con strade sterrate, montagne, zero traffico di auto, insomma davvero un’ambientazione outdoor.

Come dicevo, qui in Tagikistan sono stato raggiunto dal mio amico, che sul posto ha acquistato una bici al bazar.

In quel momento del viaggio io mi ero già fatto tre virus intestinali ed ero “vaccinato”, mentre lui, arrivato fresco fresco da Bergamo, si è ammalato subito.

Non è stato facile, fra il virus intestinale che lo tormentava e l’attrezzatura ingombrante e pesante che doveva trasportare, ma con la forza di volontà siamo riusciti a coprire il percorso dal confine con l’Afganistan fino a entrare in Kirghizistan, attraverso il Pamir.

Arrivati al confine si è reso necessario andare in ospedale, ma non pensare a un ospedale come quelli occidentali. Era una struttura a 4000 m priva di elettricità, c’erano solo infermiere che comunicavano tramite telefono satellitare con i dottori a 130 km di distanza.

Mentre facevano una flebo al mio amico chiesi dove e cosa potevamo mangiare. Mi indicarono una bottega lì di fronte che vendeva patate, e dopo averle acquistate le cucinai su una stufa a legna nella camera dell’ospedale stesso.

Una volta usciti da lì, abbiamo incontrato un gruppo di italiani e il mio amico si è recato con loro in aeroporto per rientrare.

A quel punto dove ti sei diretto?

A quel punto ero rimasto da solo e la mia intenzione era di arrivare nello Xinjang, una regione dell’ovest di etnia turcomanna e religione musulmana, uno dei luoghi di cui si parlava nel libro regalatomi da mio fratello.

La cosa curiosa è che, mentre in Kirgizistan la popolazione ha tratti somatici mongoli/asiatici, nello Xinjang ha i tratti di quella turca, a testimonianza della provenienza d’origine.

dario crippa ortovox austria cina bicicletta

Come sei rientrato, in aereo?

Sono rientrato in treno e in parte in bus. Ho fatto dalla Cina al Kazakistan, ho lasciato la bici lì a un ragazzo che mi aveva aiutato, e sono andato a Mosca in Russia, da lì a Tallin in Estonia, da Tallin a Varsavia in Polonia, da Varsavia e Berlino, da Berlino ad Amsterdam, facendo mezza transiberiana.

Questo ritorno lo consideravi parte del viaggio?

Sì, era voluto.

In questo viaggio ho visto cambiare stagioni, territori, culture, religioni, climi, non volevo cancellare quest’esperienza con qualche ora di volo.

Ho preferito riavvolgere il nastro guardando fuori dal finestrino di un treno, piuttosto che risvegliandomi in un aeroporto in Europa.

Dario nel suo viaggio, avendo bisogno di razionalizzare il carico, ha utilizzato prodotti Ortovox, fra cui le t-shirt in lana Merino. Vi spieghiamo il perché di questa scelta, legata alle proprietà di questa fibra naturale.

Il perché della lana merino Ortovox

Diplomato in Arti Grafiche, Laureato in Architettura con specializzazione in Design al Politecnico di Milano, un Master in Digital Marketing. Giornalista dal 2005 è direttore di 4Actionmedia dal 2015. Grande appassionato di sport e attività Outdoor, ha all'attivo alcune discese di sci ripido (50°) sul Monte Bianco e Monte Rosa, mezze maratone, alcune vie di alpinismo sulle alpi e surf in Indonesia.