E’ da poco passato un anno dall’uscita di “PelleQuattroTre. Spessore di vita“, primo libro di Daniele Paolucci che rappresenta un’autobiografia romanzata animata da spiritualità, surf e filosofia.
Visto il grande successo riscosso, che tuttora posiziona il libro tra i più venduti su Amazon nella categoria Surf, abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con l’autore per scoprire qualcosa di più sul suo interessante punto vista e svelarvi qualche chicca sui progetti futuri. Buona lettura!
Foto di: Anita Paolucci, Antonio Ronchini, Carlo Azzarone, Daniele Mei, Manuel Gentili, Piero Capannini, Riccardo Ghilardi
Ciao Daniele, è un vero piacere poter fare questa intervista. Per chi non ha ancora letto PelleQuattroTre, raccontaci brevemente da quando fai surf, dove e come è iniziato tutto?
Ciao Michele, rispondere alle tue domande oltre che un piacere è anche una grande emozione. Non solo perché non sono abituato alle interviste, ma soprattutto perché ciò che mi chiedi mi conduce a parlare di alcuni aspetti molto importanti sia del libro che di me.
Conosco molte persone che hanno iniziato a fare surf perché avevano già qualche amico che lo praticava o perché, abitando vicino agli spot, lo hanno visto praticare così da volerlo provare. Io, al contrario, vivendo lontano dal mare e non conoscendo nessuno che lo praticasse, l’ho cercato per istinto.
Tutto è iniziato nel 1989 (a 17 anni) quando d’estate feci un corso di windsurf al lago vicino casa: il lago Albano di Castel Gandolfo. Nello stesso anno, in inverno, iniziai anche a fare snowboard. Dopo quattro anni che facevo windsurf tutto l’anno, una persona incontrata per caso a una festa mi fece scoprire il surf da onda. Quando vidi le prime onde surfate ad Anzio e a Santa Marinella, appesi il boma al chiodo e iniziati col surf. Fu un inizio difficile: tavola sbagliata, muta di “cartone”, nessuna previsione attendibile, no WhatsApp e il mare troppo lontano.
Com’era la scena surf italiana a fine anni ’90? Cosa rimpiangi di quel periodo e cosa invece reputi che sia migliore ora?
Era più tribale. Questa è la mia impressione. Mi spiego. Oltre a essere di meno a surfare ho l’impressione che eravamo mossi da qualcosa di diverso, rispetto ai surfisti di oggi. Ai miei tempi chi faceva surf si riconosceva a un km di distanza: da come era vestito e dagli adesivi sulla macchina. Si dormiva in auto, in tenda e per andare in Sardegna si passava la notte per terra tra i corridoi del traghetto. Soprattutto in acqua si rispettavano le regole e i surfisti anziani. Era una ricerca e una conquista.
C’era più pathos, ora invece è tutto molto facile e comune. Forse prendevamo la cosa troppo sul serio; forse eravamo molto più identificati; forse quello che sto dicendo è semplicemente come l’ho vissuta io…
A quei tempi, specialmente lontano dal mare, nessuno sapeva che in Italia si potesse fare surf da onda. Oggi lo sanno tutti. Adesso un bel numero di chi inizia a surfare esce dalle scuole surf: non so cosa bolle dentro il loro petto, da cosa siano mossi. Conosco giovani surfisti che se vogliono dormire al mare prendono una camera in albergo… A volte percepisco che per alcuni (anche molto bravi) il surf è una cosa come un’altra, e forse è meglio così per un posto come l’Italia. Se devo dire cosa sia migliore ora rispetto a prima, direi: l’essere meno identificati, le ormai quasi infallibili previsioni su internet, la maggior conoscenza tecnica di tavole e mute e il basso costo dei biglietti aerei per andare a surfare.
Com’è nata la tua passione per la scrittura? Quando hai “partorito” l’idea della prima opera letteraria?
Sembrerà strano ma io non ho affatto la passione per la scrittura. Per me scrivere, salvo in alcuni rari e brevissimi “stati di grazia”, non è affatto facile. Quando mi metto davanti al computer non vedo l’ora di smettere. Mentre scrivo ho la sensazione che il tempo non passi mai: mi agito, mi alzo in continuazione e sudo (anche d’inverno).
Malgrado ciò, ho sempre sentito la necessità di scrivere da qualche parte le riflessioni riguardo il mio principale interesse, che è quello di indagare sull’animo umano e sul nostro essere nella vita.
L’intenzione di scrivere un libro sul surf è nata tanti anni fa. Avevo provato un paio di volte ma, nonostante fino ai quarant’anni avessi goduto di tantissimo tempo libero, non sono mai riuscito ad andare oltre le trenta pagine: ero troppo distratto dal divertimento e dalle frequenti session di surf sia in Italia che all’estero 😉
Comunque il libro non sarebbe stato quello che poi è diventato. Doveva ancora accadere qualcosa.
La condizione che mi avrebbe messo all’angolo e stimolato a scrivere è stata una lunga e profonda crisi interiore associata a una drastica diminuzione del tempo libero.
Ho così ripreso in mano l’idea di scrivere un libro sul surf. Questa volta fino all’ultima parola. Impresa, ripeto, molto faticosa. Basti pensare che “PelleQuattroTre” ha avuto ben quattro stesure!
Quello che ho voluto fare è cercare di veicolare, parlando di surf, gran parte delle mie ricerche e riflessioni sulla peculiarità del surf italiano e sulla vita in generale. Soprattutto considerazioni sulla vita interiore che riguardano ognuno di noi.
E’ da poco passato un anno dall’uscita di PelleQuattroTre, libro tra i più venduti su Amazon nella categoria Surf. Ora hai anche annunciato l’arrivo di una nuova edizione in inglese. Ti aspettavi tutto questo successo?
Wow! Francamente no. Così tanto no!
Quando andai a firmare il contratto, la casa editrice mi disse che era la prima volta che pubblicava un libro di un autore esordiente che non sarebbe andato in giro a promuovere la sua opera: organizzare cioè le consuete “presentazioni” e “firma copie”. Invece le vendite sono andate e continuano ad andare talmente bene che nel 2021 uscirà una seconda edizione e se tutto filerà liscio verrà tradotto in inglese.
Che dire? Grazie a tutti quelli che lo hanno già letto e che lo stanno consigliando ai loro amici.
Devo dire però che oltre alle vendite e ai numerosi feedback positivi che ricevo in privato, oltre a sapere che il libro venga considerato di “formazione” e consigliato anche a chi non fa surf, quello che mi sorprende e che mi lascia sconcertato oltremodo è sapere che alcuni lo hanno letto già due volte nel giro di pochi mesi! Io l’unico libro che ho letto più di una volta nell’arco di 20 anni è stato “Siddharta” di Hermann Hesse…parliamo di un premio Nobel!
Nel libro autobiografico dai spazio a diverse persone che hanno fatto parte della tua vita e, direttamente o indirettamente, hanno influenzato le tue scelte legate al surf. Tra questi ci sono Hernan, Roberto, Peppino il calzolaio, Riccardo, Guido, Leo, Victor, Josto, El Pecas e molti altri. Quali tra questi ti ha influenzato di più e perché?
Grazie per questa domanda. Mi dai l’occasione per chiarire alcuni aspetti importanti. “PelleQuattroTre” è sì un’autobiografia, ma romanzata. Significa che ci sono parti della storia che non corrispondono fedelmente a fatti o persone realmente esistiti. Non a caso il protagonista si chiama Diego e non Daniele. Tutti i personaggi sono reali, ma ciò che dicono alcuni, come per esempio Peppino, Guido, Vicktor, Martin (e in parte pure Leo) sono più che altro parti di me che parlano, personaggi usati per dar voce sia ai miei pensieri che a quelli di eminenti pensatori.
Leo (Ranzoni, ndr) e Riccardo (Ghilardi, ndr) sono sicuramente i due surfisti che mi hanno influenzato di più. Riccardo è stato fondamentale durante la prima fase, quella della giovinezza. Grazie a lui ho vissuto il mare e l’oceano in modo passionale e tribale, girato il mondo e messo il surf al vertice della mia vita. Leo mi ha dato invece una visione più matura, cioè più dall’alto, distaccata, proprio come quando si sta su un longboard…
Senza spoilerare troppo, puoi dirci brevemente qual è secondo te la migliore analogia tra il surf e la vita?
Oddio, questa potrebbe essere una discussione filosofica dove ognuno può trovare la sua di filosofia.
Una molto importante penso sia quella del cambiamento, dove nel surf la perturbazione ne rappresenta il simbolo migliore. Un’altra è quella con l’acqua, come scrivo nel libro: “…come l’acqua dovremmo attraversare la vita mutandoci e adattandoci volta per volta. Ma anche, in alcuni casi, picchiare duro e forte, come avviene in natura quando l’acqua colpisce e niente e nessuno può sostenerne il colpo.”
Personalmente ne ho trovate molte di analogie, tutte esposte nel libro.
Io, e credo molti altri, mi sono perfettamente immedesimato in alcune parti del tuo racconto. In fondo ogni surfista italiano cerca di impostare la propria vita per offrire più spazio possibile alle onde o alla flessibilità per raggiungerle nel momento giusto. In questo scenario la figura di Leo mi ha colpito moltissimo.
Ma non ho capito un aspetto discusso verso la fine del libro: in che modo hai ceduto la tua anima alle onde? Cosa intendi per “la mia anima sempre in giro, ma alla ricerca del prossimo gradino da fare. E non di un posto dove stare”?
Cosa ne pensi della scelta di Leo, ossia quella del matrimonio con il Mediterraneo
Michele questa domanda rappresenta il core dell’intero libro. In fondo “PelleQuattroTre” vuole dare dei consigli ai surfisti italiani. Pagine che hanno la pretesa di gettare luce sulle numerose ombre che inevitabilmente esistono sul cammino di chi, in Italia, mette il surf al centro della propria vita. Non parlo dei surfisti “della domenica” per cui il surf non è nient’altro che un bellissimo sport a contatto con la natura, quelli che se mancano a qualche mareggiata è perché hanno dei motivi più validi e non ne soffrono. Sto parlando di quei surfisti che quando ci sono le onde gli si annebbia la vista e che quando il mare è piatto diventano inquieti.
Secondo me quando pensi che la tua vita dovrebbe essere il surf, devi andare via, sull’oceano, il prima possibile. In Italia ci illudiamo di riuscire ad avere “la botte piena e la moglie ubriaca”. Come dice Leo nel libro: “il surfista con l’orologio non è mai felice”. Lui, Leo, non lavora in un ufficio, né in un negozio, non ha una moglie né tantomeno figli. A 50 anni è ancora libero come il vento.
“La mia anima sempre in giro, ma alla ricerca del prossimo gradino da fare. E non di un posto dove stare”, significa che la mia stella polare è il cambiamento, cioè l’evoluzione. È una ricerca continua, quasi del tutto interiore. In questa dinamica restare fermi non è certamente evolutivo. Spesso in un cammino del genere ci ritroviamo a dover modificare, se non addirittura abbandonare, le nostre comfort zone. Momenti davanti ai quali nella maggior parte dei casi ci arrestiamo, spesso offuscati da ideali poco o del tutto non attuabili.
Cosa ne pensi della scelta di Leo, ossia quella del matrimonio con il Mediterraneo?, quello che lui stesso risponde nel libro: “è un matrimonio a forte rischio divorzio”, sempre parlando di chi ha il demone dentro e pretende di avere una vita normale. Fare tanto surf nel Mediterraneo, senza stress, è possibile solo in un caso. Solo se si lavora molto poco (come per i figli di papà, per esempio), così da inseguire le mareggiate da nord a sud, isole comprese. I problemi arrivano quando il tempo diminuisce a causa di impegni lavorativi e famigliari.
Se dovessi fare un bilancio in questo momento, il surf ti ha dato di più o di meno di quanto ti ha tolto?
Senza dubbio di più! Il surf è una cosa terribilmente esaltante, ed è proprio questo il pericolo. Pericolo che fortunatamente ho scampato.
Secondo te si potrà mai trovare un equilibrio stabile effettuando la scelta di “concepire in Italia una vita intorno al surf”? Se si quale pensi sia il modo migliore per vivere intrappolati nel “circolo vizioso fatto di attesa e appagamento”?
Quale sia il modo è del tutto personale. C’è chi ha bisogno di 1 e chi di 10. Fondamentalmente dipende da quanto sei disposto a perdere. Senza un buon assetto interiore, ripeto, devi avere soldi, tanto tempo libero e poche responsabilità.
Grazie mille per il tuo tempo Daniele! Ricordaci come seguirti, dove acquistare PelleQuattroTre e se vuoi dacci qualche esclusiva per i progetti futuri.
Michele grazie a te per avermi sottoposto domande molto interessanti!
“PelleQuattroTre” è ordinabile in tutte le librerie reali e virtuali (come Amazon).
Progetti futuri: un libro dove racconterò le singole biografie dei primi surfisti italiani, cercati e trovati in ogni regione. Ho appena iniziato ma già stanno arrivando storie, fatti e aneddoti molto interessanti e inediti.
Contemporaneamente sto lavorando a un altro libro che non tratta di surf.
Con mio fratello Stefano abbiamo dato vita a una casa editrice indipendente (assai) chiamata Passamonti Editore (www.facebook.com/passamontieditore) impegnata nella divulgazione di libri inerenti la filosofia, il pensiero, la spiritualità e storia locale, dategli un’occhiata.
Potete seguirmi sulla mia pagina Facebook: facebook.com/danielepaolucciautore, e Instagram @pellequattrotre
Grazie a tutti e buona vita!
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Daniele Paolucci (1972) è nato e vive ai Castelli Romani (Roma). Pratica il surf dal 1994. Nel 2000 crea Videosurf.it, il primo sito in Italia a pubblicare filmati di surf italiano. Attualmente gestisce un ristorante di cucina vegetariana a Grottaferrata. Questa è la sua prima opera letteraria.