In seguito all’uscita del nuovo cortometraggio di Sam Bleakley, ‘New Wave Old Dance’, Mike Lay ci parla della sua vita e della sua passione per il surf
L’ultimo cortometraggio di Sam Bleakley, “New Wave Old Dance”, mostra perfettamente il fascino duraturo e contagioso che la disciplina del surf longboard emana. Il corto “cattura” il rapporto armonico tra il protagonista, Mike Lay, la tavola e le onde. A cura del gruppo The Knife la colonna sonora.
Mike Lay è un nome che, ultimamente, viene spesso citato nel mondo del surf. Lo stile rilassato e senza sforzi di Mike lo ha spinto alla ribalta della scena del surf longboard, risvegliando al contempo un rinnovato interesse per questa disciplina. Dopo un anno impegnativo che lo ha visto esplorare le spiagge di tutto il mondo, Mike ha deciso di prendere un caffè insieme a noi per raccontarci il viaggio che ha compiuto e che cosa lo aspetta nell’immediato futuro.
Dove sei cresciuto? Qual’è la tua casa?
Sono cresciuto nel sud ovest della Cornovaglia, in Inghilterra, in una piccola cittadina chiamata St. Just. Ritengo ancora che St. Just e la Cornovaglia siano casa mia: sento che c’è uno stretto legame con quei posti che, nonostante tutte le meravigliose “imperfezioni” e ostacoli naturali, rendono difficile praticare surf.
Come hai iniziato a praticare questo sport? Che cosa ti ha spinto ad optare per una longboard?
Anche se non provengo da una famiglia che pratica surf, sono praticamente cresciuto sulla spiaggia. È stato quindi naturale andare a scuola di surf. Dopo aver cavalcato la mia prima onda sono stato praticamente catturato da questo mondo, come se fossi sotto l’effetto di un incantesimo. È stata la stessa Cornovaglia a farmi scegliere il tipo di tavola da utilizzare: le onde, qui, sono spesso “lente”, soprattutto in estate. Una longboard riesce quindi a trasformare tutte quelle lotte frustranti in divertenti e stimolanti sessioni di surf.
Puoi dirci chi, durante il tuo percorso di crescita, ti ha maggiormente influenzato sia nell’ambiente del surf che non?
La spiaggia di Sennen, dove sono cresciuto, vanta una lunga storia di ottimi longboarders e surfisti che pensavano fuori dagli schemi. Questa tradizione, nel complesso, mi ha influenzato. Individualmente, Sam Bleakley è stato una grande fonte d’ispirazione come surfista, scrittore, pensatore e viaggiatore. James Parry, Matt Travis e mio fratello Dom hanno invece contribuito a spronarmi, a motivarmi. Al di fuori del mondo del surf ammiro W.S.Graham, uno scrittore che ha vissuto la seconda metà della sua vita in Cornovaglia. Nelle sue opere nella si avverte quindi l’attaccamento alla mia terra, ma anche la sua dedizione alla sua arte attraverso momenti di povertà e di disagio: rifiutava di rinunciare alla cose che amava.
Chi produce le tue tavole? Ti piace sperimentare diversi tipi di prodotti?
Attualmente sto utilizzando tavole MS Surfboards realizzate da Sunshine Coast e dal surfista Mitch Surman. Mitch, oltre ad essere uno dei migliori longboarders al mondo, è un artigiano dall’incredibile talento ed è molto ambizioso. Le sue tavole sono continue evoluzioni, forme alternative realizzate da un gruppo di ragazzi giovani che, poi, le testano lungo le coste dell’Australia. Al momento, i prodotti che utilizzo sono quelli realizzati da Mitch e dal suo team estremamente creativo. Sto anche cercando di portare i prodotti MS Surfboards nel Regno Unito e in Europa con la speranza che in molti si rendano conto dell’alta qualità delle loro opere.
Hai mai pensato di realizzare da solo la tua tavola?
Ci ho pensato spesso, ma decido poi di rinunciare perché le difficoltà del processo mi spaventano. Ciò accade perché penso di essere un surfista intuitivo, non uno legato alla parte tecnica. Sono più interessato al tipo di sensazioni che regala la tavola piuttosto che ai dettagli che la contraddistinguono.
Quest’anno sei stato chiamato a partecipare a uno dei più importanti eventi di surf. Come ti sei sentito quando sei andato al Duct Tape, ad Huntington?
Surfare al Duct Tape è stato un grande privilegio per me e, anche se spero di parteciparvi nuovamente, l’occasione di una vita. Surfare insieme e contro longboarders che ho ammirato per molti anni, di fronte a una folla enorme, è stata un’esperienza incredibile. Sono riuscito a godermi il tutto.
Sei mai stato coinvolto nelle più tradizionali competizioni della scena Europea?
Da adolescente ho gareggiato negli eventi BLU, nel Regno Unito: sono stati un meravigliosa occasione di collegamento con i longboarder in tutto il paese. All’età di 17 anni ho anche girato l’Europa insieme al mio buon amico Matt Travis e alla star del longboarding europeo Ben Skinner. In quella fase della mia vita e carriera, il viaggio con Ben è stato davvero prezioso: è stato l’anno in cui ha vinto il suo 6° e 7° titolo. È stato surreale essere li con lui. Abbiamo viaggiato dalla Francia al Marocco con il suo furgone; ci siamo divertiti tantissimo. Ma, a partire da quel viaggio, ho fatto una sorta di passo indietro da tutte quelle competizioni così serrate: non mi piacciono quelle gare che ti fanno ambire ad essere il numero uno in assoluto.
Che cosa hai fatto di recente? Dove ti hanno portato i tuoi continui viaggi?
Ho viaggiato molto quest’anno: sono stato in Australia, California, Portogallo, Francia, Spagna e Regno Unito. Sono appena tornato dal mio secondo viaggio in Irlanda. Viaggiare in paesi diversi, oltre ad essere divertente, alimenta la mia creatività. Ho apprezzato molto le isole britanniche, essere testimone delle differenze culturali delle zone relativamente piccole.
Che cosa fai quando sei fuori dall’acqua?
Leggo, scrivo, navigo su Facebook (ma non troppo). La scrittura mi aiuta a dare un senso al mondo. Non tengo un vero e proprio diario, ma cerco di documentare tutto quello che faccio e vedo attraverso la poesia. È una cosa personale, ma qualche volta pubblico qualche mio scritto con l’aiuto di un paio di amici che sono fotografi. Comunque, penso spesso a fare surf.
Ultimamente hai passato molto tempo con il team internazionale di Reef alla Reef Europe House. Cosa ci racconti di quell’esperienza?
E ‘stato davvero interessante. Esiste una grande varietà di background e motivazioni personali che fanno da cornice a questo team internazionale ed è sorprendente rendersi conto che tutti quanti amano cavalcare le onde: c’è questa sorta di emozione primordiale in ogni membro della squadra, da Kai Otton a Paige Madison. Tutto ciò contribuisce anche a rendere l’ambiente ancora più familiare: ogni mattina, nella Reef Europe House, dovevamo trovarci per fare insieme colazione, controllare le onde, surfare. Non c’è spazio per fare le proprie cose ma, in compenso, entri a far parte di questo gruppo di amici con cui vivere. È qualcosa di speciale da avere quando si viaggia molto, soprattutto per i ragazzi che fanno il QS e CT.
Ho visto un’anteprima degli scatti fotografici che hai fatto con Reef, in Portogallo, per la collezione autunnale 2016. Cosa ci racconti? Come hai vissuto quell’esperienza?
Quest’estate sono stato in California, negli uffici Reef, e ho incontrato il team che stavano organizzando la campagna. Davanti dalla macchinetta del caffè, ho parlato di tavole da surf e di quanto amo la costa di Cardiff. Penso di avergli fatto capire che volevo partecipare. È stata un’esperienza incredibile: ho percepito ancora una volta quell’atmosfera familiare, anche se si trattava di un viaggio di lavoro. Ci siamo divertiti moltissimo.
Ho avuto la fortuna di trascorrere del tempo con te e la tua altrettanto talentuosa ragazza, Frankie Davies, che ha recentemente pubblicato il suo EP ‘Dancing All Night’. Il vostro sembra essere un rapporto estremamente creativo. Vi spronate a vicenda? Non hai ancora avuto la tentazione di registrare qualcosa?
Frankie è incredibile: oltre ad avere una bella voce, è una cantautrice di talento. Mi spinge a essere creativo e a scrivere. Non sono sicuro di riuscire a fare la stessa cosa perché non credo che ce ne sia il bisogno: lei è davvero concentrata. L’industria della musica è così intensa, così competitiva. Cerco di comprendere gli incontri e le cose che Frankie fa a Londra; ogni volta che Frankie conclude un accordo esplodo di gioia mentre lei tiene i piedi per terra. Quando sono in macchina canto e credo di avere talento, ma sto ancora aspettando che la mia carriera da solista inizi a fiorire… Ho effettivamente registrato alcune parti per il prossimo album di Frankie: ero in giro per lo studio e avevano bisogno di una voce maschile. Frankie e la sua band si sono messi a ridere. Mi hanno detto che avevo una bella voce, ma credo che mi abbiano preso in giro.
Io stesso faccio parte del team Reef e posso dirti che sono entusiasta nel vederti assumere un ruolo più importante a livello mondiale. Come stai vivendo questa evoluzione? Cosa significa #justpassingthrough per te?
Reef è un brand, un gruppo di persone, che si occupa di surf. In qualità di surfer che utilizza tavole alternative e longboard, sono consapevole del fatto di far parte di una nicchia. Il shortboarding surf costituisce il più grande aspetto del surf: ha un rendimento elevato, la prospettiva competitiva è totale e la progressione all’interno dello stesso è davvero pazzesca. Ma per la maggior parte delle persone il shortboarding surf non è sempre la scelta più appropriata: non solo dal punto di vista di cavalcare un’onda, ma anche dal punto di vista delle prestazioni. È più probabile che un surfer medio, in condizioni medie, scelga di optare per una tavola standard piuttosto che per una shortboard. Questo è il tipo di messaggio che ho scelto di diffondere: utilizzare una tavola di media o grande lunghezza, cavalcare un sacco di onde, sorridere. Le onde non devono essere infrante. C’è un modo di surf che è molto più simbiotico. Il fatto di essere coinvolto su scala globale e di essere un sostenitore della filosofia #justpassingthrough mi permette di far conoscere la bellezza, la creatività e l’accessibilità di una longboard a un pubblico più ampio. Venire a conoscenza della cultura, delle onde e delle persone di un posto nuovo contribuisce ad arricchirmi a livello umano. Voglio davvero mostrare al pubblico i vantaggi di una longboard in spiagge di acqua fredda. Le shortboard sono state scelte dalla maggior parte delle persone che fanno surf in acque fredde, ma credo che le longboard possano comunque ricoprire un ruolo fondamentale. Per fare surf in acqua fredda è necessario essere vestito con abiti in neoprene: ciò aumenta il peso e limita i movimenti, rendendo difficile praticare la disciplina. Con l’utilizzo della longboard non esiste tale difficoltà. Quindi sì, sarò un testimone della filosofia #justpassingthrough e cercherò di diffondere l’uso delle longboard e del surf in generale, raccontando la mia storia sia attraverso le poesie che attraverso la prosa. Non vedo l’ora.
Cosa ti aspetta?
In primavera tornerò in Australia per lavorare su alcune tavole con Mitch. Andrò a Noosa per il Festival del surf e, forse, ripercorrerò i passi di alcune icone del surf facendo un po di pellegrinaggio sulla est coast. Voglio poi tornare in Irlanda, a fare un po’ di surf. Continuerò ad esplorare, a provare nuove tavole e a scrivere, mantenendo viva la filosofia #justpassingthrough.
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