I raggi, un componente della nostra bicicletta del quale spesso ci dimentichiamo. Una ruota senza raggi, impossibile immaginarlo. Sarebbe anche come dire una bici senza ruote! Ecco un racconto e un approfondimento del nostro René Enzo Piccinni.
I raggi fondamentali fili di acciaio
Un raggio preso da solo è debolissimo: senza sforzo lo possiamo piegare tra
le mani. Ma se proviamo a “tirarlo” e metterlo in tensione, troveremo una resistenza
sorprendente.
La resistenza dei raggi
Il segreto dei raggi è nella loro resistenza agli sforzi di trazione, nella capacità di quel filo
sottile di resistere a carichi di centinaia di chilogrammi, senza subire deformazioni
cosiddette “plastiche” (ovvero non reversibili). L’utilizzo dei raggi nella costruzione delle
ruote è strettamente legato a questa loro caratteristica: regolati alla giusta tensione sono capaci di sopportare sforzi ripetuti e di intensità straordinaria. La giusta tensione dei raggi è essenziale perché una ruota sia robusta e durevole. Per misurare la tensione i costruttori di ruote hanno a disposizione il tensiometro, un
apposito strumento che misura il “carico” a cui sono sottoposti i raggi.
La magia delle ruote
Saper fare ruote era una autentica “magia” riservata alle mani esperte di meccanici che le
costruivano mettendo insieme mozzi, cerchi, raggi e nippli. Per “saper fare”
s’intende costruire una ruota che sia perfettamente centrata, con una “campanatura”
perfetta, che giri senza sobbalzi, senza rumore e senza alcun “ondeggiamento”. Oggi le ruote vengono fornite già assemblate e complete. Se succede di rompere un
raggio sono guai : ogni ruota ha una sua particolare raggiatura. Un tempo c’era il raggio d’acciaio a sezione tonda, e quello s’adattava praticamente ad ogni ruota. Ai giorni nostri troviamo raggi a sezione tonda, ovale, piatta, differenziata (double o triple butted) e – in base allo spessore del cerchio e a il diametro del mozzo – variano pure le lunghezze.
Nel corso degli anni si è ridotto notevolmente il numero dei raggi impiegati nella costruzione delle ruote, e questo in parallelo con l’introduzione dei cerchi a medio ed alto
profilo, capaci di aumentare notevolmente la rigidità.
Dalle tradizionali ruote a 36 e 32 raggi s’è passati a quelle più attuali composte da 20,
16 …10 raggi , con significativi guadagni in termini di leggerezza e penetrazione aerodinamica.
La forma dei raggi
Riguardo alla sezione dei raggi abbiamo già accennato. I modelli più diffusi , ad alto livello,
sono quelli tondi e quelli a “lama” (piatti) con sezione differenziata. La rottura di un raggio
avviene (quando e se si verifica), il più delle volte, alle estremità : in corrispondenza della flangia del mozzo o all’estremità opposta dove i “nippli” fissano il raggio al cerchio. In corrispondenza della flangia alcuni tipi di raggio presentano la testa con una sorta di forma a fungo e sono piegati a 90 – 95 gradi, a forma di “J”. Questa estremità è il punto classico delle rotture a fatica del materiale, imputabili al cambiamento di forma (piega) e di sezione (testa).
In molti casi e nei vecchi mozzi, la flangia veniva letteralmente strappata dalla tensione continua del raggio, che rimaneva integro. Da questa constatazione è nata l’idea dei raggi a sezione differenziata: sigle del tipo 2.0/1.5/2.0 che indicano la sezione in millimetri alle due estremità e nella parte centrale (quella meno sollecitata) del raggio. Mutuando una tecnologia motociclistica, già da tempo vengono utilizzati mozzi “monoblocco”, senza flangia e disegnati in modo che non sia necessaria la piega del raggio. Tra i primi mozzi di questo tipo gli americani “Pulstar”, impiegati nella Mtb.
Shimano introdusse i mozzi “Dura-Ace” in un corpo unico, dove i raggi venivano ancorati
tramite nippli (filettatura alle due estremità). Questo sistema, e le sue varianti, è ormai uno
standard per le bici da strada di alta gamma e il raggio “straight pull” (con la testa diritta a
“fungo”) è una validissima alternativa al classico “J-bend”. La “forza” dei raggi è una caratteristica veramente straordinaria: unendo leggerezza e resistenza vengono realizzati raggi di lunghezza di 264 mm. (idonei per ruote di medio
profilo) che pesano, singolarmente, meno di 5 grammi! A titolo d’esempio, abbiamo
verificato che un raggio DT Champion (prodotto da DT Swiss) del diametro di 2 millimetri
caricato a 80 Kg, subisce un allungamento di 2 millimetri.
La raggiatura
I sistemi di “raggiatura” sono fondamentalmente due:
- Radiale, ogni raggio punta diritto dal mozzo al cerchio, senza incontrarne altri.
- Tangenziale, quando i raggi sono disposti in modo tangenziale rispetto alla flangia e si
incrociano con altri raggi. Per la raggiatura tangenziale si parla di “incroci” (in quarta, terza, seconda che ad oggi è anche la più comune, prima).
Un incrocio si dice “in prima” se un raggio, dal suo punto di fuoriuscita dal mozzo al cerchio, incrocia un solo raggio; “in seconda” se ne incrocia due, “in terza” se ne incrocia tre …e così via. Una ruota con un numero maggiore di incroci aumenta di peso e diminuisce di rigidità rispetto a ruote con incroci più diretti, in quanto aumenta la lunghezza dei raggi e, di conseguenza, anche il loro allungamento quando sollecitati a trazione.
Le corse del nord e quelle ruote diverse
Una volta le ruote “personalizzate e raggiate a mano”, in vista della campagna del nord (Roubaix, Fiandre etc.), avevano cerchi bassi e raggiature con incroci in terza o quarta. Inoltre i raggi venivano “legati”, con dello stagno, nel punto di incrocio. Questa pratica viene usata da qualcuno ancora oggi, anche sulle ruote standard a profilo alto e il motivo è quello di avere una maggiore rigidità. Ora si usano ruote full carbon e profili alti anche sul pavé.
Ma i dischi hanno cambiato molto
Per le ruote anteriori è molto diffusa la raggiatura radiale, mentre sulla ruota posteriore è più diffuso il sistema dei raggi incrociati, che risulta più resistente e garantisce trazione mista a stabilità. Le ruote dell’avantreno con freni tradizionali hanno raggi tensionati in ugual misura sui due lati; per la ruota posteriore la tensione risulta molto più alta sul lato destro. Con i freni a disco, il grado di tensionatura viene opportunamente aumentato sul lato del disco, sottoposto a maggiori sollecitazioni nel momento della frenata.
La tensionatura
Un singolo raggio è capace di sopportare carichi (in trazione) di diverse centinaia di
chilogrammi, allungandosi di qualche millimetro e con la capacità di ritornare alla sua
forma iniziale (capacità elastica). E’ questa la caratteristica di base per la costruzione delle
ruote a raggi. Per gentile concessione di DT Swiss proponiamo tre immagini relative alla
tensionatura di una ruota posteriore con 28 raggi, e con i relativi carichi statici che arrivano
a sfiorare i 1200 Newton !).
La figura 1 mostra le tensioni dei raggi montati sul cerchio, senza pneumatico. In colore
nero sono evidenziate le tensioni dei raggi del lato destro (lato pignoni e guarnitura)
espresse in Newton (N); la curva rossa mostra la tensione del lato sinistro . Si può vedere
che le singole tensioni, su ogni lato, sono abbastanza omogenee e i raggi del lato pignoni sono tensionati ad un carico molto superiore (quasi il doppio). Montando il pneumatico, la tensione dei raggi diminuisce. La pressione dei pneumatici
preme sul cerchio e quindi influenza le tensioni dei singoli raggi (vedi figura 2).
La figura 3 mostra la tensione della ruota caricata staticamente con il peso di un ciclista.
Se la ruota è ben precaricata il carico viene distribuito a quasi tutti i raggi nella metà superiore della ruota: la tensione dei singoli raggi aumenta lì.
Ad ogni rotazione la ruota cambia
Nell’area di contatto a terra, le tensioni di alcuni raggi diminuiscono leggermente. Ciò significa che, durante la rotazione di una ruota, ogni raggio viene caricato e scaricato al massimo una volta. Questo succede circa 450 volte su un percorso di 1 chilometro. Se il precarico (la tensionatura statica) è troppo basso può verificarsi lo scarico completo dei raggi. Di conseguenza, i raggi possono allentarsi e la ruota diventa più instabile . D’altro canto, se le tensioni sono troppo elevate ai carichi di picco (ad es. nell’impatto con la classica buca stradale) la forza sul raggio sarebbe troppo elevata e il raggio si deformerebbe plasticamente. Anche in questo caso la ruota perderebbe stabilità a causa dell’eccessivo allungamento dei raggi. Il segreto di una “buona ruota” è nel saper equilibrare questi sforzi (di trazione e compressione) dando la giusta tensione ai raggi.
Il comportamento dinamico
Quando pedaliamo in salita – alzandoci sui pedali e inclinando la bici alternativamente a
destra e a sinistra – i raggi della ruota posteriore vengono compressi ed estesi a causa della massa del ciclista che si muove sulla bici. A questo dobbiamo anche associare le variazioni della coppia di trasmissione, dei carichi laterali dovuti all’inclinazione della ruota rispetto alla verticale e le asperità della strada. In questa azione, dinamica, tutti i raggi si allungano (trazione) e si accorciano (compressione). Danzando sui pedali sottoponiamo i raggi ad uno stress estremo!
La corretta tensionatura e la costruzione ottimale della ruota deve evitare due cose:
- che la somma delle componenti di trazione porti vicino al carico di snervamento, quello
oltre il quale il raggio si snerva e non ritorna alla sua lunghezza originale (deformazione
plastica di cui accennavamo all’inizio). - che la somma delle componenti di compressione li allenti tanto da permettere alla nipple
di svitarsi.
a cura di René Enzo Piccinni, con il contributo della redazione tecnica.