La storia ci insegna che il cross country, disciplina principe delle ruote artigliate – non ce ne vogliano gli appassionati di downhill o enduro, ma i numeri parlano chiaro… – ha sempre messo le performance pedalate in primissimo piano a discapito del divertimento e appagamento nella guida.
Una mountain bike da cross country è infatti velocissima ma non regala di certo un’esperienza di guida memorabile. Infatti, quando si tratta di lottare contro il tempo su circuiti dal limitato dislivello e dal relativamente ridotto impegno tecnico, sono macchine da gara spietate e implacabili.


Ma negli ultimi cinque anni la tendenza è cambiata in modo graduale, guidata prima dall’UCI che ha imposto un format di gara leggermente diverso con percorsi sempre più tecnici e sfidanti e competizioni più tirate, e poi dai produttori che hanno cercato di recepire nel modo migliore le necessariamente diverse richieste degli atleti. Le front e full suspended da XC rimangono sempre veloci, reattive e scattanti, ma nelle mani di un biker capace non sfigurano sui trail dal terreno impegnativo.
Si tratta di un fatto graditissimo, sia per gli atleti di classe mondiale sia per l’appassionato che usa la bici solo il weekend, perché finalmente le cross country stanno diventando divertenti da guidare, una cosa impossibile a dirsi solo qualche anno fa. Ma come siamo arrivati a questo punto?
Tutto, come accennato in precedenza, è iniziato con i tracciati di gara

Basta riavvolgere il nastro del tempo sino a quasi dieci anni fa, impostando la data d’arrivo della nostra ideale time machine ai Mondiali di Camberra (Australia) 2009. Anche se alcuni dei protagonisti sono gli stessi dell’ultima stagione 2017, si nota subito una cosa, il tempo di gara, di poco superiore alle due ore. Il fattore tempo ritorna anche quando si analizzano i distacchi, che appaiono molto più ampi rispetto a quelli a cui ci siamo ormai abituati. Gli amanti del ciclismo off-road inteso come “lacrime, sudore e fango” saranno stati soddisfatti, meno tutti gli altri, tra cui il pubblico di appassionati al limite della noia per un format che non aveva molto da offrire in termini d’intrattenimento. La bagarre tra i protagonisti principali era limitata a poche frazioni di gara, con molti atleti che facevano competizione a sé sino alla finish line. Un vero peccato quando nel cross country manca la lotta fianco a fianco o, ancora meglio, gomito a gomito.

Per fortuna quelli che sono altrimenti i “poteri forti” sono venuti in soccorso e, con una mossa saggia (col senno di poi) hanno iniziato a cambiare questo sport, e a cascata le bici da XC. Ma quali sono i pilastri portanti di questo cambiamento? In primo luogo, anelli più corti da ripetere per più volte, per un tempo totale di gara comunque inferiore rispetto a prima. Tutto ciò si traduce banalmente in maggiori possibilità per i fan di vedere i propri atleti preferiti più volte durante la competizione, che è diventata più emozionante e coinvolgente.
Il secondo pilastro portante riguarda la progettazione di tracciati più impegnativi dal punto di vista tecnico, con salite più corte e ripide, in modo da richiedere grande potenza. Anche le discese sono più ripide e sfidanti, facendo contenti sia gli interpreti sia gli spettatori.

L’evoluzione delle bici da cross country è un chiaro esempio di come l’industria ciclistica, quando vuole, sa fare le cose nel modo giusto

Gli atleti di livello internazionale si sono adattati abbastanza rapidamente, in fondo per loro è importante gareggiare l’uno contro l’altro, indipendentemente dal palcoscenico. È sorto però un problema, non di poca portata, a proposito delle bici, non proprio adatte al nuovo trend imposto dall’UCI. Chi segue e pratica le MTB da anni, sia in ambito puramente ludico sia in quello agonistico come spettatore o racer, si ricorderà facilmente delle cross country di una decina d’anni fa: ruote da 26”, geometrie tiratissime con angolo sterzo verticale, attacchi lunghi accoppiati a manubri piatti e stretti… a pensarci adesso, viene da rabbrividire al solo pensiero di come si faceva a usarle! In un percorso moderno, una bici del genere è sicuramente troppo in tutto: nervosa, impietosa, ingestibile. Nel complesso, non era più all’altezza del compito a cui era preposta.
Le bici dovevano cambiare, vediamo come sono diventate

I grandi e i piccoli nomi dell’industria ciclistica si sono rimboccati le maniche, mettendo al lavoro designer e ingegneri su nuovi prodotti che fossero in gradi di cavalcare l’onda nel miglior modo possibile. Anche in questo caso si parla di pilastri portanti, il primo e fondamentale riguarda il diametro ruote, da 29 pollici. Si tratta di un formato che fa ancora storcere il naso ad alcuni, e all’epoca l’ostilità del grande pubblico era molto più marcata. Di certo le geometrie non proprio adeguate e spesso al limite del raffazzonato non aiutavano a guadagnare fama e consensi, così come componenti non all’altezza a partire dalle ruote, ma ora siamo (quasi) tutti d’accordo: le attuali bici da cross country con ruote 29er sono veloci e divertenti.

Ci sono voluti anni prima che una 29er trionfasse in Coppa, lo fece il ceco Jaroslav Kulhavy nel 2011 in sella alla sua fedele Specialized, e da lì in poi sono stati solo affermazioni su affermazioni, tranche qualche vittoria del formato intermedio da 27,5”. Il secondo passo importante nell’evoluzione delle XC è arrivato dalle trasmissioni 1x, un’altra innovazione in chiaroscuro, almeno nei primi anni, e forse ancora adesso non tutti ne sono convinti visto il perseverare di Shimano nel produrre soluzioni 2x11v al contrario di SRAM che ormai vive solo ed esclusivamente del setup 1x che ha standardizzato (a 10, 11 e 12 velocità al posteriore). Il vantaggio della singola corona? Semplice, una trasmissione più leggera e facile da gestire oltre che da manutenere, tutto quello che si può desiderare in una mountain bike.

L’industria ciclistica ha impiegato un po’ di tempo per ottimizzare la geometria sulle 29er, ma ora siamo tutti d’accordo sul fatto che per il cross country le ruote grandi sono le migliori, semplicemente più veloci e più divertenti

Un decisivo passo in avanti fu compito alle Olimpiadi di Londra nel 2012, corse su un tracciato artificiale, in una gara di un’ora mezza risolta allo sprint (vince Kulhavy, terzo il nostro Marco Aurelio Fontana). Basta recuperare il replay dagli archivi di Internet per capire che il cross country stava ritornando a essere uno sport emozionante e con le sue grandi potenzialità finalmente vicine a essere completamente espresse.
Quali sono le prospettive future del cross country

Gli ultimi cinque anni hanno visto una decisa accelerata dell’intero movimento, sia per quanto riguarda il format di gara sia per l’evoluzione e affermazione delle bici, front ma soprattutto full suspended. La geometria è arrivata a una maturazione piena, o quasi, così come i componenti sono performanti, leggeri e affidabili. Siamo sempre nell’ottica di bici da prestazione pura in ambito race, ma è innegabile che una moderna full, magari con un reggisella telescopico e gomme leggermente più larghe e tassellate, sia una soluzione appagante anche sui sentieri normalmente a portata di trail bike.
È questo che sta avvenendo, con molti brand che hanno reso compatibili i telai – ampliando la sezione del piantone sella – con i telescopici, allargando al tempo stesso il passaggio ruota posteriore complice l’introduzione dello standard Boost per il mozzo, che già regala quei 6 mm in più rispetto allo standard precedente (148 contro 142 mm, perno sempre da 12 mm) oltre a facilitare la costruzione di ruote più rigide e solide, e permettere di accorciare i foderi bassi, a tutto vantaggio della qualità del riding.

Sicuramente l’evoluzione del movimento cross country è un caso in cui i massimi vertici mondiali della disciplina in ambito agonistico (UCI) e l’industria ciclistica hanno dato vita a un circolo virtuoso, con importanti ricadute positive sul nostro sport preferito, a partire da bici spettacolari da usare non solo in gara… è vero, non siamo ancora al livello dell’enduro in fatto di coinvolgimento, divertimento e scariche d’adrenalina, ma almeno il cross country è tornato bello da seguire anche da parte da chi non è un puro appassionato di questa disciplina. E questo non è poco…
[foto: BH Bikes, Cannondale, Scott Sports, Specialized, SRAM]