Il 2023 è stato l’anno in cui abbiamo forse assistito alla definitiva presa di coscienza del Gravel, che ha deciso cosa fare da grande. Dopo un po’ di anni di crisi di identità, o meglio, di eccesso di identità e multipolarismo, pare infatti che abbia scelto di ricomporre tutti i frammenti e delineare due personalità distinte.
Le due anime del Gravel
Una è caratterizzata da una vocazione alle prestazioni e l’altra da spirito di avventura. A ben guardare, il confine non è proprio così marcato e qualche invasione di campo non è infrequente, ma questo è un altro discorso e non lo affronteremo ora… Nella prima anima del Gravel si riconosce chi prova gusto e soddisfazione nello sfidarsi in quegli eventi – sempre più numerosi – strutturati come competizioni, indipendentemente dal format. Costoro bramano bici leggere, con un passaggio ruota non esagerato, meglio se un po’ aerodinamiche e con la possibilità di alloggiare quel carico indispensabile a un’autonomia meccanica e metabolica, che copra anche 200 miglia.
Nella seconda anima si rispecchia invece chi non teme i cancelli orari, chi dice “Ho fattoun bel giro in bici“ e magari sogna una vacanza a pedali ma spesso si accontenta di un weekend di bikepacking. Costoro non hanno occhi che per bici dai passaggi ruota generosi, sono ancora sensibili al fascino del metallo, apprezzano una posizione di guida confortevole e più attacchi filettati bucano i tubi della loro bici, meglio si sentono.
Dopo questo bel preambolo, che sembra aver portato ordine in un mondo ibrido e indefinito, per dimostrarvi che tutto è relativo, vi raccontiamo due biciclette che incarnano questa seconda forma di Gravel, ma che la sposano con approcci assai differenti.
Ritchey Ascent, la pura
Telaio in tubi d’acciaio, forcella pure, passaggio cavi esterno, tubo sterzo da 1-1/8″, carro lungo e interasse generoso. Se ci si monta un manubrio dritto sembra una MTB uscita dagli anni ’90… La Ritchey Ascent è invece la più avventurosa fra le gravel disegnate dal Baffo (e la possibilità di montarci delle gomme da 2,6″ lo conferma), un ritorno a grande richiesta, dal momento che era un classico del catalogo un po’ di anni or sono.
La geometria, come sempre, dice tutto: angoli e misure raccontano di una bici progettata per viaggiare fuoristrada, carica come un mulo, senza perdere in maneggevolezza e precisione nemmeno con portapacchi e borse. La carta d’identità, prima ancora della prova, lascia prevedere comfort e versatilità. La bilancia è crudele, ma il peso della Ascent è il prezzo della robustezza e della sicurezza. E poi, non è che si senta troppo. La vocazione al viaggio, più o meno avventuroso, è sottolineata anche dai numerosi attacchi sul telaio e sulla forcella, che offre anche l’ottimo passaggio per il cablaggio di un eventuale mozzo con dinamo (accessorio imprescindibile per i viaggiatori più avventurosi e sociopatici). Utile anche l’attacco saldato al tubo sella, per fissare il portapacchiposteriore in modo più pratico e sicuro.
Il colore della Ascent, come per le altre bici by Tom, è uno, anche se ogni tanto se ne affianca un’altro, che lo sostituisce o lo accompagna per qualche tempo. La bici è venduta nella sola configurazione framekit, con forcella, perni, serie sterzo e collarino reggisella e, se non si ha troppa voglia di cercare nell’universo della rete, sul sito Ritchey si trova tutto ciò che serve a renderla una bici “vera”, trasmissione a parte.
Wilier Adlar, la dura
Telaio monoscocca in fibra di carbonio, carro compatto, reach abbondante, scatola movimento importante, avantreno pronto a ospitare una forcella ammortizzata e passaggio cavi interno. Siamo agli antipodi rispetto alla Ascent, ma lo scopo è lo stesso: essere una fidata e divertente compagna per le uscite meno convenzionali e le avventure con la A maiuscola. Con la Adlar, WIlier completa una gamma gravel assai nutrita: al lato opposto del catalogo sta la Rave SLR, perfetta interprete di quell’anima del Gravel di cui abbiamo parlato in apertura, ispirata alle prestazioni. Nella terra di mezzo ci sono invece Jena, Jareen e Jaroon, che declinano con differenti materiali lo stesso concetto di allround.
Come visto per la Ritchey, anche la Adlar ha alcune affinità con il mondo MTB. Su tutte, la geometria con triangolo lungo, attacco manubrio corto e angolo sterzo aperto, una soluzione che contribuisce a garantire controllo e maneggevolezza anche sui sentieri più ostici e con la bici carica. In questa direzione guardano anche la già accennata compatibilità con una forcella ammortizzata con escursione massima di 40 mm (come Rock Shox Rudy o Fox 32 TC Gravel, per fare due esempi) e la possibilità di sostituire il reggisella di serie con un dropper post, per essere ancora più efficace nelle condizioni più tecniche.
Con la Ascent, questa Adlar condivide anche i numerosi attacchi su telaio e forcella (compreso il foro per il passaggio del cablaggio della dinamo), il manubrio dal flare accentuato e dalla piega alta e un passaggio ruota abbondante, che garantisce luce sufficiente per montare una coppia di gomme da 57 mm (2,0″) di sezione. Siamo lontani dai 2.6″ di Ritchey, ma si tratta comunque di una misura in grado di coprire un ampio spettro di situazioni, dall’offroad tecnico al viaggio avventura.
A proposito di viaggio, il telaio della Adlar è stato rinforzato per consentire un carico supplementare fino a 35 kg e la bici può essere acquistata anche in versione “bikepacking“, dotata di un kit dedicato, composto da portapacchi anteriore e posteriore e un set di 4 borse ad aggancio rapido, realizzate in collaborazione con Miss Grape. Non mancano, ovviamente, una generosa manciata di punti di fissaggio sparsi dove ti aspetteresti di trovarli, ossia su forcella e tubi del triangolo (compresa la parte superiore del top tube e quella esterna del down tube).
Ritchey Ascent
I pregi
L’abbiamo provata come sarebbe piaciuto a Tom, ossia senza farci e farle mancare nulla, fra i duri sentieri valtellinesi di Gravellina e il playground del Mottarone. Tanto fuoristrada anche impegnativo, nel rispetto della filosofia dell’underbiking, lunghe salite regolari su asfalto e veloci discese ovunque. Ci siamo divertiti un sacco (forse anche troppo, visto che alla fine abbiamo squarciato una gomma in un rock garden) e della Ascent abbiamo apprezzato il comfort, la robustezza e la capacità di adattarsi a qualsiasi circostanza. La geometria ne fa unabuona arrampicatrice e una discesista che dà sicurezza. La maneggevolezza non è la sua dote migliore – carro e interasse sono lunghi -, ma è più che soddisfacente anche per muoversi sui trail più tortuosi, come quelli che abbiamo percorso nella ricognizione di Gravellina. In compenso, quando si tratta di affrontare anche pendenze severe su fondi tutt’altro che lisci, resta ben piantata a terra e avanza come un trattore. Scendendo di sella e facendo un passo indietro, guardare e toccare la Ascent dà una sensazione di qualità e cura, che appaga anche la vista. Abbiamo fra le mani un telaio rude, che al gusto della raffinatezza antepone il sapore dell’avventura, ma ciò non significa che un Caterpillar non possa essere ben fatto. E poi, avere sempre sotto gli occhi l’immagine del Baffo che salda, fa un certo effetto.
I contro
Il peso c’è ma nessuno lo nasconde. È l’acciaio, bellezza… Non rappresenta però un imbarazzo perché la Ascent è a modo suo reattiva e veloce anche in salita. E poi, se hai venti chili di bagagli, di un chilo in più chi se ne accorge? Ci si accorge, invece, che il telaio è proposto in solo colore. Quindi, se non piace la tinta, o si aspetta che ne arrivi una nuova durante la stagione, oppure si apre un altro catalogo.
SCHEDA TECNICA Telaio: acciaio HT, tubi Ritchey Logic a triplo spessore, saldati a TIG Forcella: acciaio HT, Ritchey, con attacchi sugli steli Gruppo: SRAM mix, 1x12V Cockpit: Ritchey lega, manubrio WCS Beacon (flare 36°, drop 80 mm, reach 65 mm), attacco Comp 4-Axis-44 Ruote: Ritchey Comp Zeta GX, profilo 19 mm, tubeless Gomme: Ritchey WCS Shield, tubeless ready, 29″ x 2,1″ mm ( max 27.5″ x 2.6″ o 29″ x 2.6″) Peso (rilevato): 11,200 kg (3,525 kg framekit, taglia L, con cannotto forcella intero e perni ruota) Prezzo: 1.524 euro (framekit con serie sterzo e collarino reggisella)
GEOMETRIA (taglia L) Stack: 607 mm Reach: 388 mm Foderi: 463 mm Interasse: 1.092 mm BB drop: 68 mm Angolo sterzo: 70,5° Angolo sella: 73° Rake forcella: 52 mm Taglie: S, M, L, XL
Wilier Adlar
I pregi
Ben fatta e curata, anche nei dettagli, si caratterizza per una posizione di guida differente da quella delle gravel più classiche, di discendenza stradale. Complice il reach generoso, non ho trovato così scontato scegliere la taglia a me più consona perciò, alla fine, considerata anche la natura del campo di prova, ho preferito scendere di una misura e privilegiare la maneggevolezza e la giocosità. Ho citato il campo di prova perché la prima parte di questo test si è svolta al Grinduro Italy, sui trail piuttosto tecnici di Punta Ala. Tecnici come fondo e come distribuzione del dislivello (benedetta la trasmissione GRX 12V con monocorona da 40 e cassetta 10-51, che ci ha permesso di salire ovunque…). La seconda parte è stata invece condivisa con la Ascent, al Mottarone, proprio per permetterci di valutare le due bici nelle stesse condizioni. Il tubo sella più in piedi, il triangolo più lungo e l’attacco manubrio corto si percepiscono sin dalle prime pedalate: la Adlar arrampica bene ed è stabile in velocità. Sassi, radici e profonde canaline non l’hanno per nulla impensierita e ha dimostrato eccellenti doti fuoristradistiche, allo stesso livello della Ritchey, pur con gomme di sezione inferiore. Mi è sembrato invece un po’ meno diretto l’avantreno, come se la differenza dell’angolo sterzo fosse più del mezzo grado indicato dalla scheda tecnica. La scelta del materiale, la fibra di carbonio, porta in dote un risparmio di peso sensibile (a bici scarica) e una reattività superiore, caratteristiche che trasmettono piacevoli sensazioni quando la strada sale, soprattutto sui fondi più scorrevoli e su asfalto. Rispetto alla Ritchey, la Wilier è disponibile anche in taglia XS e in tre colorazioni.
I contro
Si tratta di un’ottima bici a cui non si può obiettare nulla se non la mancanza di un po’ di carattere, una cosa quasi inevitabile quando, per puntare alla massima efficacia, si deve sacrificare un briciolo di personalità. Rispetto alla Ritchey, o meglio all’acciaio del suo telaio, quello che la Adlar guadagna in termini di peso e reattività lo paga un po’ in termini di comfort.
SCHEDA TECNICA Telaio: Adlar, fibra di carbonio monoscocca NHU Forcella: Adlar, fibra di carbonio monoscocca NHU Gruppo: Shimano GRX RX610, 12V, guarnitura 40, cassetta 10-51 Cockpit: manubrio Ritchey Comp Corralitos, attacco Wilier Stemma S Ruote: Miche Graff XL, profilo 33 mm, tubeless ready Gomme: Vittoria Terreno Dry, tubeless ready, 700 x 47 mm (max 57 mm) Peso (rilevato): 9,710 kg Prezzo: 4.000 euro (4.600 euro con allestimento bikepacking)
GEOMETRIA (taglia L) Stack: 610 mm Reach: 422 mm Foderi: 423 mm Interasse: 1.083 mm BB drop: n.d. Angolo sterzo: 70° Angolo sella: 74° Taglie: XS, S, M, L, XL
Mi piacciono le biciclette, tutte, e mi piace pedalare. Mi piace ascoltare le belle storie di uomini e di bici, e ogni tanto raccontarne qualcuna. L'amore è nato sulla sabbia, con le biglie di Bitossi e De Vlaeminck ed è maturato sui sentieri del Mottarone in sella a una Specialized Rockhopper, rossa e rigida. Avevo appena cominciato a scrivere di neve quando rimasi folgorato da quelle bici reazionarie con le ruote tassellate, i manubri larghi e i nomi americani. Da quel momento in poi fu solo Mountain Bike, e divenne anche il mio lavoro. Un lavoro bellissimo, che culminò con la direzione di Tutto MTB. A quei tempi era la Bibbia. Dopo un po' di anni la vita e la penna parlarono di altro, ma il cuore rimase sempre sui pedali. Le mountain bike diventarono front, full, in alluminio, in carbonio, le ruote si ingrandirono e le escursioni aumentarono, e io maturavo come loro. Cominciai a frequentare anche l'asfalto, scettico ma curioso. Iscrivendomi alle gare per pedalare senza le auto a fare paura. Poi, finalmente arrivò il Gravel, un meraviglioso dejavu, un tuffo nelle vecchie emozioni. La vita e la penna nel frattempo erano tornate a parlare di pedali: il cerchio si era meravigliosamente chiuso.