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Arrampicare è un gioco da ragazze

di - 04/12/2023

Da 4OutdoorMagazine #5 del 2023, l’articolo di Elena Casolaro che racconta un weekend di arrampicata al femminile alla Montagna Spaccata di Gaeta, tra calate, sfide e complicità.

Sasso, carta, forbici: parto io per la prima calata. Mentre diamo un morso al panino e sistemiamo le corde, un centinaio di metri sotto di noi passa un motoscafo, lasciando tracce di schiuma nell’acqua blu di ottobre. 

Un secondo dopo mi calo giù dalla scogliera, davanti a me le pareti di calcare della Montagna Spaccata, e dietro il mare: sotto, il vuoto. Arrivo in sosta, urlo liberaaaaa con tutto il fiato che ho in gola e aspetto le mie compagne di viaggio. È un trio al femminile di quelli che non se ne vedono tanti in giro: se qualcuno di voi ci avesse incontrato sulla via forse sarebbe fuggito a gambe levate. Arriva Luisa e poi anche Giulia, buttiamo giù le corde e partiamo per la seconda calata, e poi la terza, e qui arriva la vera sfida. Riusciranno le nostre impavide eroine, quando sfileranno le corde, a non farle precipitare in mare, che si trova un metro sotto i loro piedi? Non resta che provare.

Sembra impossibile ma la missione è compiuta. Di solito in arrampicata prima si sale, poi si scende: l’inversione di questa consuetudine è una peculiarità delle scogliere di Gaeta, o forse delle scogliere in generale, e aggiunge un pizzico di originalità a questa giornata. La via che abbiamo scelto corre su per lo spigolo della Montagna Spaccata, con il mare sempre dietro le spalle, alleato o fattore di difficoltà psicologica. Vorremmo fare un altro sorteggio per decidere chi parte a scalare da prima, ma già a guardare il tiro da sotto io e Giulia facciamo un passo indietro lasciando la palla a Luisa, che è quella deputata a portarci in catena se le cose dovessero mettersi male. Non per niente, lei si mangia il tiro in un sol boccone mentre noi rimaniamo tranquillamente appese alla sosta a farle sicura. 

Foto Giulia Bolognini

Il calcare è unto dal salmastro, spero che sia colpa della vicinanza al mare e che il prossimo tiro, che senz’altro toccherà a me, sarà un po’ meno scivoloso. Arrivo in sosta, mi appendo il materiale all’imbrago, faccio un bel respiro e inizio a sentire la corda molla sotto di me. Salgo qualche metro, come al solito tocco ogni singola presa a portata di mano prima di decidere quale usare; della fiducia nei piedi, nemmeno l’ombra. Scruto la parete in cerca del prossimo spit e lo vedo sempre troppo lontano, combattendo con il panico.

Tra una pausa di meditazione e l’altra arrivo in sosta, e realizzo che ogni volta che scalo un tiro da prima assomiglia molto a una seduta dallo psicologo. Però ogni tanto me la godo anche, soprattutto quando c’è il vento del mare ad asciugarmi il sudore e l’arrampicata si svolge ben dentro un camino. Quest’ultimo fattore orienterà la scelta della via che faremo domani: convincerò infatti le altre due a cimentarsi nella via dei camini, quella da cui ci si cala. Tre tiri di IV grado con runout da paura, quasi tutti da scalare incastrati in fessura oppure in opposizione tra le due pareti. 

Foto Giulia Bolognini

Tiro su le altre due e riparte Luisa: ancora non sappiamo che questo tiro sarà uno dei più bei tiri su calcare (da amante del granito è bene precisare) che io abbia mai scalato. Scalo da seconda con un certo gusto, sentendomi per una volta a mio agio e scherzando con Giulia su quanto sia divertente questo tiro, e siamo già all’ultima sosta. Parte Giulia, superando con passi atletici e disinvolti le ultime difficoltà della via. Ci tira fuori dallo spigolo appena prima del tramonto, e ci sdraiamo sul terrazzino godendoci gli ultimi raggi del sole e pregustando une buona birra e un bagno in mare. 

Decidiamo infatti di liberarci dei ferri del mestiere e di andare a vedere il sole sparire in spiaggia. Ma tra arrivare alla strada, spostare il furgone e recuperare i viveri… il tramonto ci sfugge da sotto il naso, forse ha fatto un’accelerata sul finale. Nonostante questo, viene fuori una serata di quelle che sembra che sarà estate per sempre: noi tre in spiaggia, con l’acqua così cristallina che si vede il fondo anche al buio, qualche birra e la mozzarella di bufala, e una corsa sulla sabbia con i capelli bagnati di sale.

Foto Giulia Bolognini

Livornese di nascita ma montanara d’adozione, studia Geologia e sogna di fare la scrittrice. Adora raccontare storie e qualsiasi tipo di avventura, inoltre non sa stare ferma: è facile trovarla su qualche treno diretto verso le Alpi con uno zaino fuori misura da cui penzolano scarpette o piccozze (a seconda della stagione).