Al pari delle notizie Covid e dell’emergenza sanitaria, un altro tema caldo del mondo dell’informazione è l’ambiente. Ecosostenibilità e sostenibilità, rispetto per quello che ci circonda e guerra alla plastica. Eppure la colpa non è delle materie plastiche, intese come prodotti, i veri responsabili siamo noi in primis. Con un ampio margine di ritardo, ci poniamo delle domande, cercando di trovare soluzioni ai nostri misfatti. Eppure non sappiamo esattamente cosa significano i termini sostenibilità, biodegradabile e riciclo. L’universo dello sport può essere un passo avanti anche in questo caso. Non si tratta solo di togliere le bottiglie di plastica dagli oceani, oppure dalla catena dell’Himalaya, ma di creare veri e propri processi di smaltimento e riutilizzo, a loro volta sostenibili. Trattiamo l’argomento grazie a Polartec, leader nelle tecnologie dei tessuti.
LE TECNOLOGIE DEI TESSUTI, UN ESEMPIO DI RIUTILIZZO DELLE FIBRE SINTETICHE E DI SOSTENIBILITA’
L’inquinamento generale è un problema, una frase fatta e ricorrente, sempre attuale, ma, come spesso accade, i problemi generano anche delle opportunità. L’argomento è davvero ampio e noi vogliamo concentrarci sullo sport e sul ciclismo. In più di un’occasione abbiamo elogiato la categoria dei capi tecnici, un settore che ha fatto passi da gigante sotto molti punti di vista. Citiamo una considerazione espressa in un’intervista da Tomas Carrara, International Product Manager di Polartec, che rende molto bene l’idea di quello che significa lo sport del ciclismo in termini di ricerca e sviluppo: “L’industria tessile si confronta e si misura con una disciplina, quella delle due ruote a pedali, che è probabilmente lo sport outdoor per antonomasia e diventa il campo di prova per eccellenza. È uno sport duro e fisico, dove le variabili sono infinite, per l’atleta ma pure per i capi tecnici”.
Le tecnologie che sono state sviluppate nel corso degli ultimi anni hanno portato ad aumentare le prestazioni dei capi tecnici, e in molti casi a ottimizzare i processi di sviluppo e produzione. Tra questi dobbiamo anche considerare il riciclo.
LA PLASTICA NON È TUTTA UGUALE
In modo errato, la nostra propensione è quella di classificare tutte le fibre sintetiche come plastica e come tessuti che arrivano (e derivano) dalla plastica. Non è così. Immaginiamo di paragonare le fibre tessili, i tessuti e gli indumenti, agli alimenti. Il cibo e i prodotti commestibili hanno caratteristiche nutrizionali molto differenti tra loro, forniscono energie in modo diverso. Anche l’abbigliamento tecnico è così, ovvero è in grado di esprimere delle performance molto variegate, per come è utilizzato e per le tecnologie che porta con sé. I capi e l’abbigliamento tecnico che indossiamo quando pedaliamo sono confezionati con tessuti sintetici, oppure utilizzano fibre naturali, ma anche le due soluzioni combinate tra loro. Cosa significa tutto questo? Non è solo questione di plastica, perché quest’ultima comprende fibre di diversa natura. Quindi è fondamentale sapere e capire come agire per dividere, selezionare, e comprendere cosa significa veramente riciclare. La sostenibilità è anche questo e capire è un nostro dovere.
E LE FIBRE NATURALI?
Se valutiamo il “prodotto finito”, quello “naturale”, le conclusioni diventano piuttosto semplici. Eppure dietro si nasconde un mondo. Per non inquinare, dovremmo usare solo i tessuti di derivazione naturale? No, perché si tratta di considerare l’impatto ambientale di tutto il processo.
Le maglie di cotone non crescono sugli alberi, e non indossiamo un maglione di lana appena tolta dalla pecora. Anche le fibre naturali non sono a impatto zero e necessitano di lavorazioni industriali. Il grafico che vi proponiamo qui di seguito fa capire in modo chiaro quanto anche il concetto di “naturale” sia soggetto a un costo.
IL BIODEGRADABILE PUÒ ESSERE UN’ALTRA SOLUZIONE?
Come per le fibre sintetiche, anche il concetto di biodegradabile deve tenere in considerazione numerose variabili e alcuni fattori. I materiali biodegradabili non sono tutti uguali. Inoltre, prima di raggiungere il processo di biodegradazione nell’ambiente, se ne deve attivare uno di disintegrazione che non è immediato come uno schiocco di dita.
Le tempistiche dell’innesco dipendono dalla densità, dagli strati della struttura e da eventuali finiture che caratterizzano quel tal prodotto, dallo spessore. Una volta disintegrato, la biodegradazione produce anidride carbonica, acqua e biomassa, e i lori effetti si ripercuotono inevitabilmente sull’ambiente che ci circonda. Guardate il grafico qui di seguito.
IN CONCLUSIONE
Si parla e si scrive di scienza. Si discute sulla ricerca e del modo di sviluppare nuove tecnologie che diano modo di mettere in campo ulteriori soluzioni per ottimizzare e migliorare le produzioni. Abbiamo imparato a convivere con le materie plastiche e le fibre sintetiche, e molte attività oggi normali si possono fare grazie alle fibre di derivazione sintetica. Stiamo imparando man mano che l’impatto zero non esiste, ma è fondamentale capire come poter sfruttare al meglio quelle situazioni che attualmente abbiamo categorizzato al pari di compromessi. La sostenibilità non deve essere una moda, ma un obiettivo.
a cura della redazione tecnica, immagini Polartec.